Una mozione del gruppo MPS chiede per il futuro maggiore accessibilità e completezza nelle ricerche commissionate dall'amministrazione cantonale
BELLINZONA - Il Movimento per il socialismo torna a puntare i riflettori sulla “Fashion Valley” ticinese e in particolare sugli «studi e le cifre» divulgati dalle autorità e dall’amministrazione cantonale, che dovrebbero essere «affidabili» e «trasparenti» al fine di «evitare un nuovo flop».
«Per anni si sono tessute le lodi dei grandi gruppi di moda italiani che si sono insediati in Ticino, ma in realtà solo le attività di logistica e fatturazione sono state trasferite nel nostro cantone, e per mere questioni di ottimizzazione fiscale» si legge in una mozione presentata da Simona Arigoni, Angelica Lepori e Matteo Pronzini, che sottolineano come non sia «possibile ipotecare il futuro di un intero cantone basandosi su studi limitati e incompleti», che non tengono adeguatamente in considerazione né le «ricadute fiscali dell’insediamento delle aziende logistiche» né le condizioni di lavoro del settore.
«Ci si chiede quali siano i reali sbocchi professionali nel settore moda dove vigono salari minimi da 14,90 franchi all’ora nella produzione e di 17 franchi nella logistica», incalzano i deputati MPS chiedendo per il futuro maggiori trasparenza e accessibilità a cifre e studi commissionati dall’amministrazione cantonale, che dovranno inoltre tenere conto «degli aspetti sociali e ambientali e dell’evoluzione delle normative internazionali» ed essere sottoposti a revisione paritaria.
Le richieste della mozione