Dopo alcuni recenti casi di degrado, sotto accusa le amministrazioni di diversi edifici. «Da lì sono scappato», dice un ex inquilino. «Non si investe», afferma Francesca Coda, segretaria dell’ASI
LUGANO – «Me ne sono andato da quel palazzo perché era invivibile». La testimonianza è di un ex inquilino di uno degli stabili in Via Trevano 103, la zona delle case popolari di Lugano. Dopo il recente servizio sul degrado del quartiere, pubblicato da Tio/ 20 Minuti, ecco il racconto di chi, da lì, è fuggito disperato. È allarme disagio in molte palazzine della Svizzera italiana. Un altro campanello d’allarme era arrivato pochi giorni fa, con l’appartamento dell’orrore di Pregassona, pieno di sporcizia e di cani. Anche in quel caso, l’amministrazione dello stabile se ne stava con le mani in mano. «Il rischio – spiega Francesca Coda, segretaria dell’Associazione inquilini della Svizzera italiana (ASI) – è che persone socialmente integrate non vogliano più abitare in determinati edifici. Perché temono di vivere a contatto con caso difficili».
Immobilismo cronico – Scarsa manutenzione degli spazi comuni, liti, schiamazzi. Le palazzine popolari, o a basso cosso, in Ticino stanno diventando un problema non da poco. Spesso accolgono persone problematiche che faticano in seguito a convivere con gli altri residenti. «Si tratta di persone per cui mancano strutture adeguate – dice Coda –. Le amministrazioni a volte sono davvero immobili. Quasi tutti i giorni siamo chiamati a intervenire per segnalazioni legate alla sicurezza dell’ascensore, alla pulizia, ad accessori non funzionanti».
Tra alcolizzati e drogati – Situazioni che rievocano lo scenario di Via Trevano. Il nostro interlocutore ricorda momenti di tensione. «Chiamavi il custode o l’amministrazione e nessuno faceva niente. Per le scale circolavano alcolizzati, tossicodipendenti, pazzi. C’era gente ubriaca che faceva casino fino a tarda ora. Ogni volta si giocava allo scarica barile. Nessuno si assumeva mai la responsabilità di intervenire».
Si chiude spesso un occhio – Un po’ come capitato a Pregassona, nell’appartamento horror di un 40enne da cui, da mesi, proveniva un tanfo pazzesco. I vicini chiamavano l’amministrazione. Invano. Situazioni analoghe si verificano a Locarno, ad esempio in zona Saleggi, così come a Chiasso, oppure nella periferia di Bellinzona. «Spesso – precisa Coda – il proprietario chiude un occhio sui disturbi che vengono arrecati ai vicini. Ma questo significa trascurare i propri obblighi».
Qualità di vita – Amministratori che si limitano a riscuotere l’affitto, spesso pagato dallo Stato. «Ho l’impressione – riprende Coda – che ci siano proprietari che incassano le pigioni, ma non investono mai sulla qualità di vita della struttura. Una parte del ricavato dovrebbe essere sempre tenuto da parte per la manutenzione ordinaria degli spazi. Manutenzione che non giustifica, in alcun caso, un aumento delle pigioni. Ciò in alcuni casi non accade. Così facendo si rischia di ghettizzare queste zone».
Il paradosso – Tradotto: nessuna persona socialmente integrata andrà più ad abitare in certi stabili. «Forse è davvero giunta l’ora di risolvere, anche politicamente, il problema. Di trovare soluzioni alternative. Va anche detto, però, che diversi inquilini piuttosto che ribellarsi, si adattano, subiscono la situazione. È paradossale. Anche perché ci sono associazioni come la nostra sempre disponibili per consulenza e sostegno».