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Quasi trecento minori sono scomparsi e nessuno sa dove sono

Nei primi otto mesi del 2023 si sono perse le tracce di 298 giovani con permesso N o F. Solo in Ticino ne mancano all'appello 24
Nei primi otto mesi del 2023 si sono perse le tracce di 298 giovani con permesso N o F. Solo in Ticino ne mancano all'appello 24

Arrivano soli. Scompaiono soli. La ricerca delle persone decedute durante le procedure di asilo ci ha portato dall'avvocata e specialista per i diritti dei rifugiati Immacolata Iglio Rezzonico. Grazie al suo lavoro, abbiamo potuto approfondire la realtà dei centri di accoglienza e, soprattutto, una questione che finora non era mai emersa: «Ci sono molti, soprattutto minorenni non accompagnati, che non si trovano più. Non si sa se sono scappati, se sono stati presi da qualcuno o se sono deceduti. E non esiste un sistema di ricerca per loro».

Interpellata, la Polizia cantonale ha confermato che finora, nel 2023, dalle strutture di accoglienza ticinesi sono scomparsi 24 minori con permesso N o F - documenti che corrispondono rispettivamente alla condizione di richiedente l’asilo e a quella di ammissione provvisoria. Non è però dato sapere se nel frattempo siano stati ritrovati e, ripercorrendo gli avvisi di scomparsa resi noti al pubblico dalle autorità negli ultimi mesi non ne abbiamo trovato alcuno relativo ai casi di questi giovani. Come mai?

Come spiegato sempre dalla Polizia, «non appena viene formalizzata una segnalazione di scomparsa, si dà avvio alle ricerche». Ma perché venga diramato un avviso alla popolazione, l’autorità parentale deve richiederlo. E nel caso di questi minori non accompagnati l’autorità parentale è la Segreteria di Stato della migrazione (Sem).

Al 31 agosto, stando all’ufficio del governo federale, dai Centri federali di asilo (Cfa) sono scomparsi 298 minori non accompagnati. Nello stesso periodo, sono state ritrovate 36 persone che non erano per forza incluse nella conta totale per il 2023. Ergo, dei quasi 300 iniziali, potrebbero esserne stati ritrovati dieci, cinque o solo uno. In sostanza, la Sem non possiede un dato scorporato e quindi è impossibile dirlo.

Di certo sembra solo esserci l’iter da compiere per segnalare la scomparsa. «Il primo passo consiste nel notificare la polizia cantonale di riferimento. Questa la registra nel sistema di ricerca computerizzato Ripol e, se necessario, emette un avviso pubblico di ricerca». La Sem non si dilunga però su quanti annunci siano stati diramati nel 2023, né precisa quando e in quali casi non vengono emessi. Tuttavia precisa che «se ci sono indicazioni che il minore sia in pericolo (come ad esempio nel caso di sospetto traffico di esseri umani), possono essere mobilitate anche le autorità giudiziarie e di polizia nazionali e internazionali. In tutti gli altri casi, cioè quando i minori sono già stati assegnati ai cantoni, spetta alle rispettive autorità competenti prendere le misure necessarie».

Qualcuno l'ha visto? - Di nuovo l’avvocata Iglio Rezzonico racconta che non molto tempo fa «Lara Robbiani, in qualità di presidente dell'associazione DaRe, aveva provato a porre lo stesso tipo di domande alla Sem. Le avevano risposto in modo vago che le scomparse non si annunciano, perché tanto non è facile identificare la persona». Eppure quando si accede a un centro di accoglienza vengono raccolte le impronte e i dati relativi al rifugiato. «Anche se è possibile che non siano mai stati registrati nel sistema europeo, restano minorenni. Almeno a livello locale si dovrebbe chiedere: “Qualcuno l’ha visto?”».

Non la sorprende però il dato delle scomparse totali, anzi teme che possano essere di più e che molti non vengano considerati in quanto dalle analisi radiologiche effettuate al polso e alla mano atte a verificare il grado di maturazione scheletrica potrebbe risultare la possibilità che siano in realtà maggiorenni. Questo tipo di procedura è da anni criticato nell’ambito medico e giuridico. Nel 2015, per esempio, nel corso di un simposio all'ospedale universitario di Losanna - riportava allora Swissinfo - veniva criticato che i risultati venissero confrontati con i dati raccolti nell’atlante “Greulich and Pyle” realizzato negli anni Trenta e solo su bambini bianchi. Per cui il ritmo di crescita non dovrebbe poter essere comparabile.

In fuga o vittime di una tratta - Rispetto ai motivi che potrebbero portare a fare scomparire questi giovani, Iglio Rezzonico ne ritiene tre plausibili: la ricerca di una meta diversa; l’essere vittime di una tratta di esseri umani per ragioni quali lo sfruttamento lavorativo, sessuale e “uso” da parte di criminali; il suicidio. «Queste persone arrivano con un bagaglio di grande violenza alle spalle, di sofferenza, di torture, avvenute sia nel loro Paese sia durante il viaggio. Sono estremamente traumatizzate».

Nella sua diretta esperienza, l’avvocata ha avuto modo di confrontarsi con il tema del suicidio diverse volte negli ultimi anni. «Sono a conoscenza di quattro suicidi e di uno tentato avvenuti negli ultimi quattro anni. Arrivano e pensano di aver trovato finalmente la tranquillità, invece vengono sottoposti a mille procedure, rinchiusi in centri che, parliamoci chiaro, non sono d'accoglienza. È inutile che ci prendiamo in giro: ci sono il filo spinato, orari da rispettare e l’impossibilità di fare attività esterne quando lo si desidera. È una segregazione».

Sarebbe assente inoltre un vero e proprio sostegno psicologico e psichiatrico. «Un infermiere si reca nel centro di Pasture due volte alla settimana e, se c’è una situazione eclatante di malessere, consegna delle medicine». Manca, insomma, una presa a carico. «Non c’è un sostegno nemmeno per prepararsi alle audizioni. Sfido chiunque dopo tutto quello che ha subito dover andare da un perfetto estraneo e raccontare la propria vita per filo e per segno».

All’interno dei centri non verrebbe inoltre considerata la diversità delle etnie. «Una persona magari è scappata dalla persecuzione di tale gruppo e si ritrova una persona che vi appartiene nel letto accanto». E manca anche, in molti casi, un percorso scolastico: «Ci sono una marea di ragazzi tra i sedici e i diciotto anni che non hanno neanche diritto a fare scuola, perché la scolarizzazione è prevista solo fino ai sedici anni. È l'età peggiore per tutti i ragazzi. Se noi mettessimo seicento ragazzi ticinesi in un posto come Pasture per un mese, la polizia dovrebbe essere lì tutti i giorni perché scoppierebbero liti a tutto spiano. Non sto avallando la violenza, ma forse il sistema deve essere un po' modificato rispetto ai bisogni delle persone».

Ricorda, infine, che la Svizzera ha ratificato la Convenzione dei diritti dell’infanzia. «Occorre mettere in pratica i diritti, altrimenti restano sulla carta, diventano per pochi e si trasformano in privilegi».


Appendice 1

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