Cerca e trova immobili

Come può un aereo di linea sparire nel nulla?

Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa del volo MH370. Le ricerche potrebbero riprendere a breve. Ripercorriamo fatti e teorie
Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa del volo MH370. Le ricerche potrebbero riprendere a breve. Ripercorriamo fatti e teorie

Com'è possibile che un aereo di linea sparisca nel nulla? A dieci anni distanza, la domanda resiste, cristallizzata a braccetto con quello che è l'altro grande quesito principe della vicenda, la cui risposta giace con ogni probabilità da qualche parte nelle profondità dell'Oceano Indiano: che fine ha fatto il volo Malaysia Airlines 370?

Era l'8 marzo del 2014. L'MH370, operato da un Boeing 777 e decollato dall'aeroporto internazionale di Kuala Lumpur diretto verso Pechino - dove non sarebbe mai arrivato - scomparve dai radar. A bordo si trovavano in tutto 239 persone tra passeggeri (227) ed equipaggio (12). Le certezze assolute sulla rotta seguita dal volo si arrestano a 38 minuti dal momento in cui il velivolo si è staccato dalla pista. Subito dopo quel «Buona notte. Malaysian Tre Sette Zero» di routine, pronunciato dal comandante, tra la cabina dei piloti e il controllo del traffico aereo cala il silenzio. Due minuti dopo l'aereo scompare dai radar del controllo aereo di Kuala Lumpur. E tutti i tentativi di ripristinare un contatto cadono nel vuoto.

Dove è finito il volo MH370?
A questo punto si rende necessario separare in modo netto i fatti di cui oggi siamo certi da tutto quello che, al contrario, rientra ancora nel campo delle ipotesi e delle teorie, più o meno probabili, sull'accaduto. E i fatti ci dicono che il volo MH370 ha effettuato una brusca virata verso ovest, ha sorvolato la penisola di Malay e costeggiato l'Isola di Penang - a dircelo sono i rilevamenti dei radar di sorveglianza primari civile e dell'esercito malese -, dirigendosi poi sullo stretto di Malacca.

ImagoLe comunicazioni tra il volo MH370 e il controllo aereo di Kuala Lumpur si sono interrotte 38 minuti dopo il decollo. I successivi segnali satellitari hanno poi consentito di tracciare il "corridoio" in cui il velivolo si è schiantato, nell'Oceano Indiano meridionale.

Da qui la rotta si fa ancora più nebulosa. Per tracciarla, gli inquirenti si sono affidati alle comunicazioni automatiche intercorse tra il sistema SATCOM del velivolo e il sistema satellitare INMARSAT. In un resoconto pubblicato dal gruppo di ricerca indipendente sul volo MH370, viene spiegato che successivamente alla scomparsa i due sistemi si sono comunque scambiati segnali a più riprese, dai quali si evince che il 777 della Malaysia Airlines è rimasto in volo "al buio" per circa 5 ore e 54 minuti. E al momento del primo di questi segnali, l'MH370 si trovava in cielo già da un'ora e 45 minuti. Questo significa che il Boeing - considerata un'autonomia inizialmente stimata attorno alle 7 ore e mezza - è rimasto in volo per tutto il tempo possibile.

C'è un grosso ma. Questo "dialogo" tra segnali non permette infatti di circoscrivere l'esatta posizione dell'aereo, ma solo di calcolare la distanza di quest'ultimo rispetto al satellite e, di conseguenza, di delineare una serie di "anelli" concentrici all'interno dei quali il velivolo si trovava. Ed è grazie a questi che sono stati isolati due possibili "corridoi", uno diretto verso l'Oceano Indiano meridionale e l'altro a nord dell'Hymalaya. La destinazione finale del volo è il primo; lo dicono gli accertamenti successivi effettuati da INMARSAT e lo "sottoscrivono" alcuni dei detriti del Boeing 777 recuperati sulle coste dell'Africa orientale, che ovviamente escludono l'eventualità di uno schianto al suolo.

«Le ricerche devono andare avanti»
Quella per individuare il relitto, o quello che ne rimane, dell'MH370 è stata nel complesso l'operazione di ricerca più costosa di sempre nella storia dell'aviazione. Uno sforzo monstre, su una superficie di circa 4.5 milioni di chilometri quadrati, e una "fattura" di oltre 150 milioni di dollari. Vi presero parte, oltre al governo malese, anche Cina e Australia - e in minor parte altri paesi - e la società statunitense Ocean Infinity, che si è detta pronta a riprovarci.

Solo pochi giorni fa, il ministro malese dei trasporti, Anthony Loke, ha evidenziato questa possibilità durante un evento commemorativo per il decennale dalla scomparsa del volo, riferendo che la stessa Ocean Infinity ha invitato il governo malese a sedersi al tavolo per visionare la sua ultima proposta d'azione. «Il governo malese ha preso un impegno nelle ricerche e le ricerche devono andare avanti», ha detto Loke. E se luce verde sarà, la Malaysia intende chiedere nuovamente all'Australia di cooperare come in passato. E dal paese oceanico c'è chi è pronto a raccogliere l'assist. Peter Foley, che ha diretto le ricerche dell'aereo scomparso per conto del governo australiano, ha sollecitato, attraverso le colonne del Guardian, le autorità nazionali in merito all'importanza di sostenere ogni nuovo tentativo. «Sappiamo che si trova vicino al settimo arco nel sud dell'Oceano Indiano», ha detto, facendo riferimento a quel "corridoio" in cui il velivolo ha fatto registrare la sua ultima "stretta di mano" con il satellite. «Dobbiamo solo fare un'altra ricerca».

ImagoA dieci anni di distanza, il governo malese non ha ancora rinunciato alle ricerche: «Devono andare avanti. Abbiamo preso un impegno». E sul tavolo c'è una nuova proposta di Ocean Infinity.

Teorie, possibilità concrete e (l'inevitabile) complottismo
Ai fatti seguono poi le ipotesi. Siamo in un campo in cui, sull'arco di un decennio, si sono scontrate teorie più logiche e plausibili - quelle che probabilmente racchiudono nei propri contorni la verità - e scenari che sconfinano nel complottismo, e che vanno dall'atterraggio in una non precisata località tra Cina e Kazakhstan fino all'abbattimento del volo. Una teoria, quest'ultima, che ha goduto di un certo sostegno nei mesi successivi a causa di un altro volo disgraziato operato dalla stessa compagnia, l'MH17, abbattuto, quello sì, solo pochi mesi dopo (era il 17 luglio) da un missile terra-aria Buk mentre sorvolava l'Ucraina orientale. Un disastroso errore - "firmato" dalle forze separatiste del Donetsk, con l'indiretta responsabilità del Cremlino sullo sfondo - che costò la vita a 298 persone.

ImagoUn guasto? Un gesto volontario? Un attentato? La scomparsa del volo MH370 ha dato vita a diverse teorie. Negli anni però sono rimaste sul tavolo solo le ipotesi più realistiche.

Tornando all'MH370, al tempo furono considerate anche l'ipotesi di un dirottamento così come quella di un possibile incendio sviluppatosi a bordo, forse a seguito di un'esplosione o un guasto, che ha causato l'interruzione delle comunicazioni. Scenari di certo plausibili, ma che di indagine in indagine sono poi rimasti vittime del proverbiale rasoio di Occam. Sul tavolo restano quindi quelle circostanze che, seppur non ancora confermate, sembrano essere le più promettenti per capire cosa è accaduto. E forse, più in là, anche il perché. E ci rifacciamo ancora al rapporto stilato dal gruppo "MH370Search" che, andando per esclusione, indica due piste ancora vive. La prima, assai plausibile, è quella dell'ipossia, ovvero la carenza di ossigeno nell'atmosfera, che «rappresenta una delle emergenze più gravi che possono verificarsi su un aereo» e che, nel caso del volo malese, «potrebbe spiegare l'incapacità dell'equipaggio di comunicare». Inoltre, il fatto che l'aereo abbia «svoltato all'indietro e il suo percorso irregolare, che ha portato all'esaurimento del carburante e allo schianto, potrebbe essere attribuito a un tentativo, da parte di un equipaggio del tutto disorientato, di fare ritorno a Kuala Lumpur».

L'altra, che non contrasta con la precedente, è la possibilità che un membro dell'equipaggio abbia volontariamente "dirottato" il volo per poi farlo schiantare in un'area isolata. Una sorta di omicidio/suicidio su larga scala. E in questo senso, l'attenzione è stata rivolta soprattutto al comandante Zaharie Ahmad Shah; in particolare dopo che, durante una perquisizione nella sua abitazione, la polizia malese ha scoperto nel suo simulatore di volo sette cosiddetti "waypoint" programmati manualmente sovrapponibili con l'ultima rotta dell'MH370 e compatibili con quel tipo di velivolo e i suoi consumi. D'altro canto, stando alle perizie, non sono emerse evidenze di problemi legati alla sfera psichiatrica né a carico del comandante - verso cui qualcuno ha pure sollevato l'ombra di presunte motivazioni politiche, che però poco si sposano con le dinamiche del volo malese - né per i membri dell'equipaggio. Quindi, anche in corrispondenza di questa teoria resiste un punto interrogativo piuttosto ingombrante: se è stato un membro dell'equipaggio, perché lo ha fatto?

Una verità in tre tasselli
Sono le risposte a queste domande - o, perlomeno, la speranza di poterle trovare - a tenere in vita, anche dieci anni dopo, la volontà di trovare il relitto di quel Boeing. La speranza di "tradurre" ipotesi e teorie in fatti. Tutto passa dal ritrovamento. E citiamo per la terza (e ultima) volta il rapporto firmato da Gerard Mendoza Ferrandis per il gruppo MH370Search. Il ritrovamento del relitto, per capire «almeno in parte» in quale «configurazione» fosse nei suoi ultimi momenti di volo (e per fare luce sugli eventuali «danni strutturali» che potrebbero aver contribuito alla sua scomparsa). Il ritrovamento delle scatole nere «per fare luce su quanto è avvenuto nella cabina di pilotaggio in quelle ultime due ore»; le voci ma anche altri eventuali fenomeni acustici. Il ritrovamento, infine, dei resti umani. Tre tasselli - con cui il tempo e gli elementi potrebbero nel frattempo aver già banchettato in modo irrimediabile - a cui è legata la speranza, l'unica, di ricostruire almeno una parte di un puzzle che altrimenti rischia di restare tale.


Appendice 1

Gallery


Imago

ImagoLe comunicazioni tra il volo MH370 e il controllo aereo di Kuala Lumpur si sono interrotte 38 minuti dopo il decollo. I successivi segnali satellitari hanno poi consentito di tracciare il "corridoio" in cui il velivolo si è schiantato, nell'Oceano Indiano meridionale.

ImagoA dieci anni di distanza, il governo malese non ha ancora rinunciato alle ricerche: «Devono andare avanti. Abbiamo preso un impegno». E sul tavolo c'è una nuova proposta di Ocean Infinity.

ImagoUn guasto? Un gesto volontario? Un attentato? La scomparsa del volo MH370 ha dato vita a diverse teorie. Negli anni però sono rimaste sul tavolo solo le ipotesi più realistiche.