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PICCOLE STORIEFilippo Vanini, allenatore del Comano: «Sono morbosamente attaccato al calcio»

01.02.24 - 07:00
L'allenatore del Comano Filippo Vanini: «Per la seconda metà di stagione il nostro esempio, con le dovute proporzioni, è il Bologna»
Tio
Filippo Vanini, allenatore del Comano: «Sono morbosamente attaccato al calcio»
L'allenatore del Comano Filippo Vanini: «Per la seconda metà di stagione il nostro esempio, con le dovute proporzioni, è il Bologna»
«È durante la pandemia che sono diventato l'allenatore del Comano».
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COMANO - Una vita nel calcio e per il calcio. È già a partire dalla tenerissima età che Filippo Vanini comincia a dare del tu al pallone. Immediatamente scatta l’amore e quella scintilla che lo porta ancora oggi ad avere un rapporto intenso con il mondo del pallone. Ex giocatore (o forse no?), oggi allenatore del Comano, milanista sfegatato e appassionato di hockey, Filippo - che lavora presso un istituto bancario ticinese - ci racconta il suo percorso. «Ho 38 anni e sono nel mondo del calcio ininterrottamente da quando ne avevo sei. Sono nato e cresciuto a Porza ed ho avuto la grande possibilità dal ‘93 al ‘97 di giocare per la squadra del mio Paese. Un allenatore mi ha poi portato nel Rapid Lugano…».

Come mai questo cambiamento?
«Non nego che è stata dura andare via dal Porza. Ma è proprio al Rapid Lugano dove ho vissuto il periodo più lungo e intenso della mia carriera, durato oltre vent’anni, fino al 2018. Sono diventato capitano, nel 2006 ho vinto la Coppa Ticino con gli attivi per poi affrontare lo Sciaffusa in Coppa Svizzera. Insomma, un percorso davvero arricchente sotto tutti i punti di vista. Ma nel 2018, con gli impegni lavorativi che aumentavano, ho avvertito il bisogno di fermarmi».

Ma senza calcio non hai resistito molto…
«Come detto in precedenza, sono nato a Porza, oggi abito a Cureglia ed in mezzo c’è Comano…».

Il luogo della tua nuova tappa, giusto?
«Esattamente, dove siamo passati in fretta dalla Quarta alla Terza Lega. Arriva poi marzo 2020, quando disputiamo l’ultima partita prima dell'ormai famoso stop generale a causa della pandemia. Con esso anche l’allora allenatore del Comano ha deciso di approfittarne per smettere. È in quel momento che mi hanno sottoposto la possibilità di diventare allenatore, proposta che ho subito ritenuto allettante e che alla fine ho accettato. Ho dunque giocato la mia ultima partita senza sapere che effettivamente sarebbe stata l'ultima...».

Basta calcio giocato, quindi?
«Non è esattamente così. L’addio definitivo non l’ho ancora dato, perché - a causa dei tanti infortuni che hanno colpito la nostra squadra - mi è capitato di giocare alcuni scampoli di partita».

Che tipo di allenatore sei?
«Sono morbosamente attaccato al calcio e sono un allenatore abbastanza esigente. Io dico sempre ai miei ragazzi: "Il calcio è la cosa più importante delle cose meno importanti. Se avete deciso di giocare a calcio, cercate di esserci sempre". La mia battaglia più grande in questi anni è stata quella di dare una disciplina, la stessa che ho imparato nei miei anni al Rapid».

Qual è la difficoltà più grande?
«Oggi alleno tanti giocatori che prima di tutto sono degli amici. A volte mi tocca fare delle scelte, ma so che fa parte del mio compito. Tuttavia, l'aspetto a cui tengo maggiormente è la trasparenza. Non siamo tutti uguali, ognuno ha la sua personalità e tocca a me capire come muovermi con ogni elemento della rosa. Sono un allenatore che mette il gruppo prima di tutto. L'aspetto a cui tengo maggiormente è avere un team coeso, che rema nella stessa direzione. Trovo che le diversità, molto spesso, aiutino a completare un gruppo».

Avete concluso la prima parte di stagione all'ottavo posto. Qual è l'obiettivo della seconda metà di stagione?
«Il Comano è per tradizione e per storia una squadra non abituata a essere in Terza Lega ed in passato ha sempre albergato in categorie più basse. Tuttavia, ormai da quattro anni, ci siamo consolidati ed evidentemente ne siamo ben contenti. Sono un vincente, ma sono prima di tutto realista. L'obiettivo non sarà vincere il campionato, ma salvarci il prima possibile cercando di giocare tutte le settimane con il sorriso sulle labbra e con il piacere. Non siamo la Juventus che è nata per vincere i campionati. Nel nostro piccolo, se posso permettermi di fare un paragone, siamo il Bologna di turno che aspira a rimanere in alto il più a lungo possibile. Ne approfitto dell'occasione per ringraziare il mio gruppo, vedere che si allena seriamente è la vittoria più grande che un allenatore possa avere».

....e il tuo Milan?
«Sono un milanista sfegatato e ho l'abbonamento a San Siro. Pioli mi piace e non penso che la situazione cambierebbe molto se dovessero mandarlo via. È una persona sana, equilibrata, umile che ha riportato al popolo rossonero lo Scudetto. Con Conte non vinceremmo il campionato, poiché trovo che l’Inter oggi sia troppo più forte».

Ogni tanto c'è spazio anche per un po' di hockey...
«Esattamente, appena posso vado alla Cornèr Arena. Gianinazzi è di Cureglia e ogni tanto mi capita di incrociarlo con la famiglia. Quando vedo che alcuni allenatori sono molto più giovani di me, come ad esempio il Giana, mi sento davvero vecchio...(ride, ndr)».

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