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AgendaCONCERTI: Quando il nuovo jazz è nostalgico e il vecchio jazz insegue l'avanguardia

02.02.02 - 10:06
Terza serata piena di sorprese al Jazz Festival di Chiasso
Ribot alla chitarra acustica
CONCERTI: Quando il nuovo jazz è nostalgico e il vecchio jazz insegue l'avanguardia
Terza serata piena di sorprese al Jazz Festival di Chiasso
Si fa la fila, venerdì sera davanti al Magazzino 6 della Stazione di Chiasso; persino chi arriva all'ultimo momento trova davanti a sè una ventina di persone che attende pazientemente. Più tardi, il servizio d'ordine sarà costretto a bloccare l'accesso: nuovi spettatori potranno entrare solo se qualcuno di quelli che sono dentro decide di andarsene. All'inizio del primo concerto le due grandi sale quasi traboccano di persone ed in seguito aumenteranno ancora.

Un pubblico numeroso e molto attento, di connaisserurs, che sembra avere compreso l'eccezionalità della serata e che vuole godersela fino in fondo. Il chitarrista Marc Ribot, vero guru della nuova scena jazz americana, viene accolto ad un grande applauso. Durante un paio d'ore strapazzerà allo spasimo le sue due vecchie chitarre, trendone una gamma di suoni straordinaria: dolcezza, distorsione, rumori percussivi, miagolii ridicoli. Ribot provoca la platea con naturalezza e il suo approccio anticonvenzionale alla chitarra è, paradossalmente, pieno di poesia e di ironia. Il repertorio riprende alcuni materiali dal suo ultimo lavoro discografico e ne ripropone essenzialmente lo stile: un viaggio un po' allucinato e multiforme che alterna jazz della tradizione ("Body and Soul", "The song is you", "Lover man"), performance di musica free (brani di Albert Ayler e Zorn), atmosfere rock e semplice musica per chitarra classica. C'è di tutto nel progetto musicale di Ribot, un caos che urta e commuove e che, soprattutto, si diverte a "spiazzare" i gusti dell'appassionato di jazz. Il concerto, molto intimo ed intenso, si è concluso con una jam session di musica e poesia condotta insieme al performer Hanckock Rux, già presente a Chiasso mercoledì sera.

Chi si apettava un tranquillo secondo tempo "mainstream" è rimasto sicuramente sorpreso. Il quartetto gidato dal pianista Mal Waldron, distinto ottantenne dal passo incerto ma dal passato glorioso, lungi dal proporre un tranquillo periplo attraverso standars swinganti e magari un po' impolverati, ha invece sfoderato freschezza e grinta degna di una formazione ultra-moderna, all'insegna della musicalità free e della sperimentazione armonica. Waldron, coadiuvato da un'ottima ritmica (Arjen Gorter al contrabbasso e John Betsch alla batteria) ma ancor di più da un sassofonista eccezionale come Sean Bergin ha lasciato da parte ogni nostalgia senile per avventurarsi lungo le frontiere della ricerca. Memorabile la sua versione di un classico rock-jazz come "Jean Pierre" di Miles Davis, rielaborato in una versione swing sul giro armonico molto vicino a "Blues for Alice" di Parker: una vera perla e uno di quei momenti da pelle d'oca che non si dimenticano.

La serata di musica da vivo si è conclusa davvero in bellezza con il quartetto di Jessica Laureen: piuttosto anomalo quale "after hour acid jazz", visto che il gruppo della briosa pianista britannica ha proposto essenzialmente una "salsa" acustica di sorprendente finezza e dalla scansione ritmica potente e discreta. Il pubblico ha risposto con entusiasmo a questa sorta di ennesima provocazione, molto più di quanto successo nella sera precedente. A dimostrazione del fatto che non serve un grande armamentario elettronico per far ballare la gente.

Sabato, in occasione dell'ultima serata del festival, il programma comprende due interessanti momenti, il concerto del "Mèta Quartet" di Antonello Salis e il "Renaud Garcia-Fons Quintet". Più tardi l'alfter hour sarà animato dalla formazione svizzera degli Stade e dai DJ Pipo & Spruzzi. Nuovo pienone in arrivo, al Magazzino 6 delle FFS di Chiasso.

AZ

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