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BERNACaso Shell-Eni, bloccati alcuni conti anche a Lugano

19.03.18 - 14:33
Tenuto conto delle somme in gioco, potrebbe trattarsi di uno dei casi più importanti di corruzione in Europa
Keystone
Caso Shell-Eni, bloccati alcuni conti anche a Lugano
Tenuto conto delle somme in gioco, potrebbe trattarsi di uno dei casi più importanti di corruzione in Europa

BERNA - Il caso di corruzione che vede coinvolti in Nigeria e in Italia manager della società britannica Shell e dell'Eni ha anche degli addentellati in Svizzera. Su richiesta della giustizia italiana, il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) ha infatti ordinato il blocco di alcuni conti bancari riconducibili alla vicenda.

Tenuto conto delle somme in gioco, potrebbe trattarsi di uno dei casi più importanti di corruzione in Europa: le procure nigeriana e italiana accusano diversi manager delle due società di aver versato tangenti milionarie a un ex ministro africano quale pagamento per ottenere licenze di perforazione nel Paese, uno dei maggiori produttori di petrolio al mondo. La giustizia nigeriana parla di una somma pari a 801 milioni di dollari.

Confermando una notizia pubblicata oggi dal "Tages Anzeiger", il MPC ha confermato di aver posto sotto sequestro diversi conti su richieste della procura di Milano fornendo ai magistrati altre informazioni. Le autorità elvetiche non hanno precisato l'ammontare dei patrimoni congelati.

Stando al quotidiano zurighese, le autorità svizzere avrebbero bloccato diverse centinaia di milioni di franchi in banche di Ginevra, Basilea e Lugano. Il processo di Milano avrebbe dovuto incominciare oggi, ma è già stato posticipato al 14 di maggio.

A fare da sfondo a questa vicenda è la vendita di licenze di perforazione nel Golfo di Guinea in Nigeria. Alla fine degli anni '90, l'allora ministro del petrolio aveva venduto i diritti del campo petrolifero OPL 245 per la somma di due milioni di dollari a una società a lui intestata. Nel 2011, Shell, Eni e il governo locale si erano messi d'accordo di rilevare tali diritti per 1,1 miliardi di dollari.

La giustizia italiana e nigeriana rinfacciano a Shell e Eni di aver versato all'allora ministro responsabile il grosso della somma pattuita. Le due società respingono le accuse.

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