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CANTONEFigli che anziché uscire, stanno in stanza col cellulare. L'allarme di un docente

08.03.24 - 07:26
Massimiliano De Stefanis, docente, cantautore e scrittore, dà un suggerimento attraverso il suo ultimo libro "Lasciare andare".
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Figli che anziché uscire, stanno in stanza col cellulare. L'allarme di un docente
Massimiliano De Stefanis, docente, cantautore e scrittore, dà un suggerimento attraverso il suo ultimo libro "Lasciare andare".

LUMINO - «C'è una evoluzione del disagio giovanile, lo vedo dal mio osservatorio di docente, di genitore e del giovane che sono stato: quello che è ho osservato dopo il lockdown è un'emergenza». Massimiliano De Stefanis, docente, cantautore (nome d'arte Max Deste) e scrittore (domani 8 marzo esce il suo ultimo "Lasciati andare", storia di un adolescente in crisi che scrivendo un diario poetico in versi endecasillabi darà ordine al caos che lo circonda), sul tema ha raccolto molto materiale, avendolo trattato in varie forme.

Come è cambiato il disagio giovanile e quali nuove forme ha assunto?

Innanzitutto è aumentato e lo si vede nelle relazioni, nella maggiore solitudine dei ragazzi. Mi trovo a parlare con genitori, mi dicono "mio figlio passa molto tempo chiuso in camera": facendo un confronto, quando ero un po' più giovane dovevano venirmi a prendere i miei genitori per riportarmi a casa perché si trascorreva il nostro tempo fuori, nella realtà. Ora invece bisogna fare il contrario, faticando a buttarli fuori di casa anche quando c'è una bella giornata. Sono schiavi del telefono».

Solitudine da social: posta così, potrebbe apparire una contraddizione in termini, ma gli studi lo rilevano. La possibilità di potere entrare in contatto con molte persone alla fine paradossalmente acuisce il senso di vuoto?

Credo ci si trovi in una fase di transizione: ora, non è che possiamo fermare la tecnologia, ma la tecnologia sta incidendo su questo disagio. Però osserviamo che alcuni Paesi stanno tirando i remi in barca, penso alla Scandinavia, dove è stato vietato l'uso di telefoni e tablet nelle scuole superiori. In America sono partite delle denunce. Insomma, ci si sta accorgendo che il problema è serio e sicuramente la tecnologia sta incidendo su questo disagio. Parlando con gli addetti ai lavori, gli operatori psicologi, gli educatori mi dicono che le statistiche parlano di un netto e drammatico aumento dei fenomeni di disagio: si va dai ricoveri per disturbi di natura psichica ai suicidi. Problemi li riscontro già nei ragazzi che iniziano la scuola media. Credo che bisogna chiaramente cominciare a dire che la politica deve scendere in campo e come per l'alcol o le sigarette stabilire per legge l'età per l'uso dei dispositivi.

Servono soluzioni dunque: lei mi pare le intraveda nell'esperienza artistica e nello specifico della scrittura.

Bisogna provare a dare dei suggerimenti, delle piste e io per esperienza personale, per quello che vedo anch'io a scuola, ho come la sensazione che dare ai ragazzi la possibilità di raccontare se stessi possa essere un gran canale di sfogo, per capirsi e per stare meglio. L'idea di scrivere, di ritornare alla scrittura e addirittura una scrittura in versi e quindi scoprendo anche la poesia, può essere un potente antidoto al disagio e permette di esorcizzarlo. È quello che accade in "Lasciare andare”, dove racconto il disagio giovanile prendendo l’esempio del protagonista della vicenda, un adolescente in grande crisi (perdita della madre, padre violento, solitudine, fughe da casa, prospettive lavorative non soddisfacenti, relazioni affettive problematiche), che trova un rifugio nella lettura dei classici della letteratura, dai quali prende in seguito spunto per sfogarsi in modo creativo, scrivendo un diario poetico in versi endecasillabi, che lo aiutano a dare ordine al caos che lo circonda, fino a diventare a sua volta scrittore e poi adulto, imparando ad accettare il suo destino. In questo testo, la figura del poeta si configura come l’ultimo baluardo dell’homo sapiens, in un contesto di crisi sempre più condizionato dagli algoritmi e dalla rapida evoluzione tecnologica. La sua vicenda appare dunque paradigmatica per le nuove generazioni, che sono invitate a riscoprire la poesia e la magia della parola, attraverso il verso della tradizione per eccellenza, l’endecasillabo. 

Il diario come occasione di tirare fuori sè stessi e dunque tenere a bada l'ospite inquietante, come per esempio definisce il nichilismo - di cui spesso sono afflitti i più giovani - il famoso psicanalista e filosofo Umberto Galimberti?

Il diario è un'occasione per ri-vedere se stessi ed esorcizzare le grandi difficoltà. È una pista, come dicevo, quella che attraverso la bellezza e la creatività ci si può prendere per mano e lottare contro dei problemi concreti che possono andare dai casi estremi come il suicidio e l'omicidio, all'autolesionismo e alla depressione, per finire con l'apatia che non è da trascurare: ma la lista è lunghissima.

Nella famosa stanza degli adolescenti cui accennava prima, spesso scende il silenzio: la tesi secondo cui la dimensione del silenzio aiuti a mettere in relazione con se con se stessi e capire come vanno le cose, può essere di aiuto o li confonde ancora di più?

È una domanda difficile a cui rispondere, perché si rischia di generalizzare. Mah, questa mattina per esempio discutevamo del protagonista di un libro che stiamo leggendo e che parla di un ragazzo che si ritrova su un'isola deserta dopo essere caduto con un aereo. Mi sono arrivate risposte le più diverse: qualcuno ha fatto notare che è impossibile vivere su un'isola deserta, una ragazza invece ha affermato che per lei non ci sarebbe nessun problema a vivere da sola anche due anni senza vedere nessuno. Riportando la questione al silenzio e all'isolamento, io credo che in questa fase - pre-adolescenza e adolescenza - è fondamentale il contatto fisico, la realtà vera. I disagi di oggi sono figli del lockdown, stiamo vedendo quanto sia stato drammatico rinchiuderli in casa.

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