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GORDUNO«Questo sostegno cieco a Israele fa male»

23.02.24 - 06:30
Ecco "Una finestra sulla Palestina. La co organizzatrice Nicol Rossi: «Sforziamoci di capire cosa accade. Restiamo umani».
Coordinamento Unitario a Sostegno della Palestina
«Questo sostegno cieco a Israele fa male»
Ecco "Una finestra sulla Palestina. La co organizzatrice Nicol Rossi: «Sforziamoci di capire cosa accade. Restiamo umani».

GORDUNO - "Una finestra sulla Palestina". È il titolo del primo evento organizzato dal Coordinamento Unitario a Sostegno della Palestina. Luogo e data da segnare sul calendario: sala multiuso di Gorduno, domenica 25 febbraio alle 14. «Il nostro scopo è quello di dare una narrativa più corretta di quanto accade in Palestina», sostiene Nicole Rossi, membro del movimento spontaneo.

Per il ticinese medio tutto è iniziato il 7 ottobre 2023.
«E Israele veniva dipinto come una vittima brutalizzata. Invece da decenni c'è un nazione, Israele appunto, che ne occupa un'altra, la Palestina. Con violazioni sistematiche denunciate puntualmente».

Ancora una volta, dopo il caso tra Russia e Ucraina, si parla di narrativa errata. Di chi è la responsabilità?
«Prima di tutto della politica. È saltata subito sul carro del sostegno cieco a Israele. Anche i media hanno fatto la loro parte. Israele ha forti legami con gli USA. Nessuno ha interesse a sostenere la Palestina a livello politico. È evidente».

Perché è nato il Coordinamento Unitario a Sostegno della Palestina?
«Da metà ottobre vedevamo che nella Svizzera italiana c'erano delle azioni un po' sparse. Partecipavano poche persone. Ed era un peccato. L'idea era di raggruppare tutte le persone interessate a questa causa. Anche per poi creare più consapevolezza».

Cosa si potrà vedere domenica 25 febbraio a Gorduno?
«Bisogna fare capire alla gente cosa è la storia palestinese. Ci saranno testimonianze della comunità palestinese in Ticino. Così come un intervento che racconta la vita quotidiana dei palestinesi costretti a vivere giornalmente l'occupazione da parte degli israeliani. Avremo anche un collegamento dal campo di rifugiati di Balata, nel nord della Cisgiordania: potremo così conoscere la situazione attuale dei rifugiati palestinesi in Cisgiordania».

Diverse persone sui social invocano semplicemente la pace. Non è sufficiente?
«È una bella cosa. La morte è sempre morte. È però corretto sottolineare l'impunità di uno Stato che si comporta scorrettamente. Israele nel 2010 ha attaccato in acque internazionali una nave che portava aiuti umanitari a Gaza, uccidendo 10 persone. Quattro anni dopo si decise di non perseguire Israele. L'avesse fatto un altro Paese...»

Gaza. Una striscia a cui ci siamo assuefatti.
«È vero. Se ne parla da decenni. Si pensa che ormai non si può fare nulla. E poi sembra tutto distante. Eppure lì ogni giorno vengono bombardati ospedali, scuole, civili. È un’assuefazione che fa male. Solo dallo scorso ottobre nella Striscia di Gaza sono morte oltre 27’000 persone. Rischiamo di vedere una cosa terribile come il bombardamento di una scuola non ci urti più la coscienza». 

Diciamolo chiaramente: a molti non interessa ciò che accade così lontano.
«Il mondo è sempre più globalizzato. Tante persone ce l'hanno con gli stranieri a prescindere. Essere nati in Svizzera è una fortuna. Casuale. Noi non abbiamo alcun merito per essere nati in un Paese tutto sommato sereno. Cerchiamo almeno di comprendere chi sta peggio. Restiamo umani».


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