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CANTONEQuando avvertiamo di aver già vissuto qualcosa: un viaggio alla scoperta del “déjà-vu”

13.09.21 - 06:00
Come nasce questo fenomeno psichico? Ne parliamo con la dott.ssa Pamela Agazzi
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Quando avvertiamo di aver già vissuto qualcosa: un viaggio alla scoperta del “déjà-vu”
Come nasce questo fenomeno psichico? Ne parliamo con la dott.ssa Pamela Agazzi

LUGANO - In molti abbiamo sperimentato almeno una volta la sensazione di rivivere un momento già vissuto, una sorta di “già visto”: il diffuso fenomeno del “déjà-vu” è però ancora oggetto di studi e alquanto misterioso. Ne abbiamo parlato con la Dott.ssa Pamela Agazzi, specialista in Neurologia presso il Neurocentro della Svizzera Italiana, EOC.

In cosa consiste il fenomeno del “déjà-vu”?
«Può essere definito come un’impressione di familiarità di una esperienza presente che si colloca in un passato indefinito: cerchiamo di spiegarci il motivo di questo senso di rivissuto, ma ci sfugge lasciandoci una lieve frustrazione. Tutto nasce dalla sensazione illusoria di aver già visto un determinato avvenimento o situazione, pur sapendo che non è così».

Da cosa è causato questo stato?
«Uno stimolo sensoriale, ad esempio una scena visiva a cui assistiamo oppure un odore che percepiamo, attiva brevemente i circuiti della memoria: viene riconosciuta per un attimo la familiarità di un vissuto, senza focalizzarne il luogo e il tempo. Si innesca una sovrapposizione tra vecchie e nuove esperienze, con un forte senso di connessione».

Non ci si deve quindi sforzare di ricordare?
«L’avvenimento si colloca in un passato indefinito, o forse sarebbe più corretto dire in un passato inesistente, e lo sforzo di ricordare il momento specifico rimane vano. L’equivoco è innescato dalla similitudine tra uno stimolo sensoriale e una traccia di memoria. Questo è un fenomeno benigno, non patologico».

Cosa succede nel nostro cervello?
«Nella genesi del “déjà-vu” sono partecipi aree del lobo temporale coinvolte nella percezione, nella memoria e nell’affettività. Vi sono diverse teorie, la principale è quella di una attivazione inappropriata simultanea di un network di neuroni. In condizioni di normalità, il déjà-vu avviene in modo sporadico, insorge improvvisamente e dura molto poco, ma può verificarsi anche nell’ambito di patologie neurologiche e psichiatriche, in modo più intenso, con una durata più sostenuta e con una serie di sintomi di accompagnamento».

Qual è lo stato della ricerca a proposito di questo fenomeno neurologico?
«La ricerca deriva soprattutto dagli studi pre-chirurgici, con elettrodi di profondità, effettuati nei pazienti affetti da epilessia. Infatti, in questi contesti possono manifestarsi déjà-vu patologici. Per contro, proprio a causa dell’imprevedibilità e della fugacità del déjà-vu comune, questo risulta essere molto difficile da studiare in maniera approfondita».

È possibile esperire un “déjà-vu” anche con uno degli altri cinque sensi?
«Nonostante il termine “déjà-vu” si riferisca alla vista, la sensazione di familiarità può riguardare anche altre modalità sensoriali, come per esempio l’olfatto. È stato infatti suggerito in alternativa il termine “déjà-vécu” (già vissuto), più corretto da impiegare, ma l’espressione corrente è ormai molto diffusa sia nella letteratura, scientifica e non, sia a livello colloquiale».

Quali sono i dati relativi alla frequenza nella popolazione?
«Il “déjà-vu” non patologico viene riportato in una percentuale elevata di persone, secondo alcuni studi fino al 60-70% della popolazione, soprattutto nei soggetti giovani».

Non solo “già visti”: gli altri “inganni” mentali

Sono molti i casi in cui il nostro cervello sembra fare le bizze. «Il vero “déjà-vu” va distinto da fenomeni che possono sembrare simili e sono falsamente interpretati come tali», spiega la dottoressa Pamela Agazzi. «Il “jamais-vu” è il suo contrario, e consiste in un’inappropriata non familiarità nei confronti di una situazione già vissuta. I “flashback”, invece, comprendono illusioni e allucinazioni uditive e visive che generano la sensazione di essere trasportati all’interno di una esperienza passata».

«Altro fenomeno molto diffuso, il “lapsus“ riguarda la sfera del linguaggio e indica un errore involontario nella pronuncia e nella scrittura, che può essere ricondotto a distrazione o a motivi inconsci. Oggi viene spesso utilizzato in maniera colloquiale anche in riferimento alla memoria, per indicare il momento in cui si ha un’improvvisa dimenticanza o una momentanea difficoltà nel ricordare», conclude Pamela Agazzi.

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