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LUGANOIl giallo dei bronzi del macellaio

07.03.19 - 06:00
Per il Tribunale d’appello va chiarita l'origine di due statue del Metropolitan di New York. «Appartenevano alla mia famiglia» dice uno spagnolo. «No, a un macellaio momò» dicono i denunciati
Flickr/Dan Diffendale
Il giallo dei bronzi del macellaio
Per il Tribunale d’appello va chiarita l'origine di due statue del Metropolitan di New York. «Appartenevano alla mia famiglia» dice uno spagnolo. «No, a un macellaio momò» dicono i denunciati

LUGANO - Oggi si possono incontrare al Metropolitan Museum di New York. Due bimbe che cercano di acchiappare una pernice. Da duemila anni. Come suggerisce la patina verdognola di chi ne ha viste di tutti i colori. Non sanno parlare questi due bronzi gemelli di epoca romana esposti dal 2014 al Met come provenienti da “collezione privata”. Ed è un peccato, perché se queste statue aprissero bocca… beh, qualcuno potrebbe sudare freddo.

Annullato il non luogo - Potrebbero tremare, ad esempio, le otto persone che nel marzo 2018 sono state denunciate al Ministero Pubblico di Lugano da un cittadino spagnolo per appropriazione indebita, truffa, ricettazione e falsità in documenti. Un intricato caso che la Corte dei reclami penali del Tribunale d’appello, lo scorso 24 gennaio, ha deciso di riaprire annullando, parzialmente, il precedente decreto di non luogo firmato dalla procuratrice pubblica Fiorenza Bergomi.

«Ci pensiamo noi...» - Fino a poco prima del 2012 i due bronzi, allora scomposti in quattro parti (le due bambine e le due pernici), si trovavano nella casa del proprietario, in Andalusia. Pochi anni prima l’uomo aveva conosciuto due personaggi, uno svizzero e un italiano, entrambi provenienti dal Ticino. I due lo convinsero a farsi consegnare i frammenti. Per un restauro, fu il patto concluso a voce e così i bronzi presero la strada dell’Inghilterra. In seguito i compari contattarono lo spagnolo per informarlo che le opere potevano valere svariati milioni. Il proprietario acconsentì alla vendita, della quale se ne incaricarono i due compari, millantando conoscenze internazionali nel campo dell’arte antica. Ed è qui che iniziano i risvolti penali della vicenda.

Hasta la vista - La sola certezza è che le due statue, ormai ricomposte, spiccavano tra gli oggetti messi all'asta da Christie’s il 5 dicembre 2012 per un valore stimato tra i 3 e i 5 milioni di dollari. Ed è a 3 milioni che vennero vendute, però con trattativa privata, curiosamente solo pochi giorni dopo l'incanto infruttuoso, giusto in tempo per non apparire sulla lista delle opere pubblicamente vendute e quindi la vendita godette di un totale anonimato. Lo spagnolo fu poi informato da uno dei due soci-intermediari che l’importo sarebbe stato pagato in tre rate mensili. Ma sono soldi che l’uomo - e a questo punto la storia può essere raccontata al presente - ancora oggi sta aspettando. L’acquirente resta misterioso, dietro la targhetta “Private Collection” che accompagna le statue esposte oggi al Met, potrebbe però esserci il miliardario statunitense Michael Steinhardt (la cui collezione d’antichità è già finita nel mirino delle autorità statunitensi per via di altri pezzi di origine dubbia).

Bronzi “made” in Ticino - Mentre lo spagnolo dimostrava ingenuamente piena fiducia, i due intermediari raccolsero una documentazione per dimostrare la provenienza tutta ticinese dei bronzi (uno dei due uomini, nella documentazione inviata a Christie’s si dichiarò “owner”, ossia proprietario). A sostegno vengono allestite delle dichiarazioni, in cui alcuni anziani del Mendrisiotto (in parte imparentati fra loro) raccontano che i bronzi sarebbero passati decenni fa di mano dal collezionista Giovanni Züst (lo stesso della Pinacoteca di Rancate) che li avrebbe regalati a un macellaio della regione, nonno materno dell’intermediario.

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«Nostre da sempre» - Una versione che viene però smontata dallo spagnolo con testimonianze e fotografie che mostrano i bronzi antichi nel salotto di casa sua. A sostegno delle immagini, peraltro assai esplicite e facilmente databili, vi sono numerose dichiarazioni - autenticate da un notaio - di parenti e vicini che hanno visto nella loro collocazione originaria il «grupo de figuras de bronce, que han partenecido a nuestra familia desde siempre». I bronzi «appartengono alla nostra famiglia da sempre» dicono dalla Spagna. In netto contrasto con le testimonianze ticinesi, tra le quali - invero -  spicca anche quella di un personaggio che vent’anni fa, venne arrestato nell’ambito di una vasta inchiesta su tombaroli e traffici di reperti archeologici provenienti dall’Italia e ricettati in Svizzera. Un precedente abbastanza inquietante…

Abbandono frettoloso - Il vaso di Pandora sembra scoperchiarsi nuovamente oggi, dopo la sentenza della Corte d’appello, secondo la quale la procuratrice pubblica avrebbe emesso un non luogo troppo frettoloso… Per Bergomi la denuncia va archiviata per incompetenza territoriale, non ravvisando legami tra i fatti e il territorio svizzero. Per il giudice Mauro Mini, invece, la competenza del Ministero Pubblico va riconosciuta. Il giudice  è d'accordo sul non luogo solo per il reato di falsità in documenti… proprio per la natura stessa, non particolarmente credibile, di dette testimonianze.

Dal sito di Christie'sLa quotazione d'asta nel dicembre 2012

La mancata verifica - Il fatto che le dichiarazioni dei testimoni siano state tutte raccolte in Ticino, se la tesi accusatoria si dimostrasse fondata (ossia le testimonianze farlocche), dimostrerebbe l’intenzione di spogliare lo spagnolo delle preziose statue. In presenza di versioni contrastanti, secondo il giudice, la procuratrice avrebbe dovuto interpellare la Pinacoteca cantonale Züst per trovare riscontri sulla proprietà (innanzitutto), ma anche sul fatto che curiosamente il collezionista Giovanni Züst avesse dato in dono le statue al macellaio momò (il quale non ha mai avuto lo zelo di dichiararle fiscalmente).  Non avrebbe dovuto considerato il valore degli oggetti? E invece nessuna carta ufficiale, ci risulta, attesta il possesso delle statue negli anni: né una polizza assicurativa, né una dichiarazione più recente dei beni finiti nelle mani dei o del presunto erede. 

La soluzione del giallo? Potrebbe trovarsi tra le carte, non di salumeria, ma dell'Archivio Züst.  E se non ci fosse nulla, l'appropriazione indebita sarebbe più che un'ipotesi.

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