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CANTONE«Abbiamo tirato fuori dall’acqua 1800 persone»

11.10.18 - 07:00
Parla il regista svizzero Markus Imhoof, protagonista al Film Festival Diritti Umani Lugano. E sull’Italia ha le idee chiare: «Salvini fa paura da sempre, il suo razzismo è nitidamente espresso»
«Abbiamo tirato fuori dall’acqua 1800 persone»
Parla il regista svizzero Markus Imhoof, protagonista al Film Festival Diritti Umani Lugano. E sull’Italia ha le idee chiare: «Salvini fa paura da sempre, il suo razzismo è nitidamente espresso»

LUGANO – Al cineasta è dedicata una straordinaria retrospettiva – ieri, ad esempio, è stato proiettato “Rondo”, corto del 1968 a cui all’epoca fu impedita la diffusione – e, in occasione della presentazione della sua ultima opera, “Eldorado” (candidata ufficiale per la Svizzera agli Oscar 2019) – domani al Cinema Corso alle 20.30 - sarà insignito del Premio Diritti Umani per l’autore.

Una pellicola, “Eldorado”, in cui Imhoof torna a raccontare - con la massima sensibilità - l’immigrazione, il destino incerto di migliaia di esseri umani in fuga verso l’Europa. Un tema strettamente e drammaticamente attuale, che riconduce il regista, nel contempo, nella sua infanzia e nel suo profondo legame con Giovanna, una giovane rifugiata italiana, ospitata dalla sua famiglia poco dopo la fine della Seconda guerra mondiale. Ricordi ed emozioni che gli consentono di tracciare un parallelismo tra passato e presente.

Signor Imhoof, nell’ambito del festival le sarà consegnato il Premio Diritti Umani per l’autore…

«Non me l’aspettavo e ne sono estremamente felice. Racconto delle storie, attraverso le quali vorrei provocare emozioni e discussioni… Questo premio mi fa capire che sono andato nella direzione giusta…».

Come ha incominciato a prendere forma “Eldorado”?

«Come sa, nel 1981, ho realizzato un altro film sui profughi, “La barca è piena”. E di fronte alla realtà di oggi ho ritenuto opportuno ritornare sul tema descrivendo la situazione attuale…».

Mi racconti le riprese…

«Prima sono stato in Grecia, con Frontex, nel 2013, ma poi, l’anno successivo, ho deciso di chiedere disponibilità alla Marina Italiana: in dieci giorni abbiamo tirato fuori dall’acqua 1800 persone. Dopodiché, ho voluto seguire e documentare il percorso dei migranti, anche fino al loro arrivo in territorio elvetico».

Nella pellicola viaggia in parallelo un altro racconto, che ci proietta nei suoi ricordi e nel suo profondo legame con una giovane rifugiata italiana...

«Giovanna per me era diventata quasi una sorella, ma dopo sei mesi ha dovuto fare rientro in Italia, dove viveva in una casa bombardata senza finestre. Era malnutrita e costantemente malata. Malgrado i miei genitori avessero tentato di farla tornare in Svizzera – i permessi stagionali venivano concessi soltanto agli adulti -, dopo qualche tempo è morta… Se avessimo avuto la di possibilità ospitarla di nuovo si sarebbe potuta salvare: mio padre lo diceva sempre…».

Quale opinione si è fatto del ministro dell’Interno italiano Matteo Salvini, malgrado non fosse ancora in carica durante le riprese di “Eldorado”?

«La Lega, come sa, era contraria alla missione di salvataggio Mare Nostrum: Salvini mi fa paura da sempre, il suo razzismo è nitidamente espresso. Porta l’Italia nell’abisso: intende proteggere i valori, ma se vengono protetti con crudeltà, sono già persi… All'Italia, in ogni caso, serve anche la solidarietà europea, non è giusto che si faccia carico di tutto questo peso…».

Secondo lei Salvini ricorda Schwarzenbach che, nel 1970, attraverso l’iniziativa culminata in referendum popolare, avrebbe voluto limitare il numero di lavoratori stranieri in territorio elvetico?

«Certo, come no. Ma ciò che pesa di più con Salvini sono i voti della gente. E lui si gode gli applausi».

Dopo una prima candidatura agli Academy Awards con “La barca è piena”, “Eldorado”, come lo è stato anche “More Than Honey” nel 2012, è candidato ufficiale della Svizzera agli Oscar 2019 come Miglior film straniero…

«C’è tanto lavoro, ma grazie a questa opportunità, ho modo di dare ampia visibilità a questo tema…».

 

 

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