Cerca e trova immobili
La videosorveglianza aveva ripreso un diverbio. Ma non ci sono le basi per parlare di registrazione clandestina
BELLINZONA - A seguito di un diverbio svoltosi , nell'estate del 2015, nei pressi di una guesthouse, era stato denunciato di ingiuria e minaccia. La principale prova era una registrazione effettuata dal sistema di videosorveglianza della struttura, che aveva una telecamera puntata su un sentiero privato a uso pubblico. L’accusato lo era venuto a sapere due anni dopo, nel giugno 2017, quando è stato interrogato dalla polizia. Da parte sua è dunque scattata una querela penale «per i titoli di registrazione clandestina di conversazioni e di ascolto e registrazioni di conversazioni estranee».
Ma le basi per la denuncia non ci sono: non si trattava di un diverbio di carattere privato, come sostiene anche il Tribunale federale che si è chinato sulla questione a seguito di un ricorso. Già nell’ottobre 2017 il procuratore pubblico aveva decretato il non luogo a procedere, «non ritenendo adempiuti gli elementi costitutivi dei suddetti reati». E un primo ricorso contro tale decisione era poi stato respinto, nel febbraio di quest’anno, dalla Corte dei reclami penali del tribunale d’appello.
I giudici cantonali hanno infatti accertato, sulla base delle immagini della videosorveglianza, che la conversazione in questione si è svolta in presenza di alcuni ospiti della struttura, che in quel momento stavano facendo il bagno in un laghetto distante pochi metri dai due interlocutori. E non solo: è stato constatato che durante la discussione diverse persone sono passate accanto ai due, «e che alcune di loro sembrerebbero anche ascoltare la discussione». Da qui la decisione che non si trattò di una conversazione «svolta in ambito privato». Il ricorrente sarebbe inoltre stato a conoscenza della presenza del sistema di videosorveglianza.
