Il 23 settembre i ticinesi saranno chiamati a esprimersi sul credito per la sperimentazione di tre anni. Bertoli chiede «un sì popolare»
BELLINZONA - L’obiettivo de “La scuola che verrà” è «dare ai docenti la possibilità di seguire gli allievi come persone, anziché solo come classe». È in questo modo che il direttore del Decs Manuele Bertoli ha ricordato questa mattina in conferenza stampa lo scopo del progetto. Il prossimo 23 settembre i ticinesi saranno infatti chiamati a esprimersi sul decreto legislativo che propone lo stanziamento di un credito per finanziare la sperimentazione.
«La posizione del Consiglio di Stato è di unanime sostegno al messaggio da noi rilasciato - ha precisato brevemente il presidente Claudio Zali -. Ci si rimette con serenità al giudizio popolare, nonostante il rammarico di avere comportato il ritardo di almeno un anno nella sperimentazione».
Allievi come cavie? - Il voto del 23 settembre è sulla sperimentazione, non sulla riforma. I ragazzi «non sono oggetti da osservare, ma saranno anzi particolarmente seguiti» ha precisato Bertoli. Verranno provate delle forme organizzative della scuola, mentre non cambierà il programma scolastico. «La sperimentazione serve non per avere cavie, ma per approfondire quello che è stato studiato e magari correggerlo per ottenere un risultato migliore».
Il singolo al centro - Dove si vuole arrivare con “La scuola che verrà”? «Vogliamo rendere la scuola dell’obbligo migliore» risponde il direttore del Decs. «Oggi al centro dell’impegno del docente c’è la classe. L’obiettivo è che diventi l’allievo singolo». I ragazzi, con il nuovo metodo, dovrebbe poter «seguire un percorso più alla loro portata, senza regalare loro nulla, ma facendo in modo che la scuola sia più accompagnante possibile». L’idea è che «tutti gli allievi sono differenti e vanno gestiti per la loro differenza, ma all’interno del contesto comune».
Le principali novità - Nella scuola dell’infanzia e alle elementari è prevista l’introduzione di un docente risorsa, che non avrà una classe sua ma lavorerà in co-docenza con gli altri. Una nuova figura per attività fisica e attività musicali consentirà inoltre al docente di scuola dell’infanzia di “avere un po’ di respiro”.
Per la scuola media è previsto l’ampliamento della forma didattica del laboratorio (dalle 4 ore attuali diventerebbero 24 ore in 8 materie). A questo si aggiungono gli atelier dove il docente è affiancato da quello di sostegno pedagogico, all’interno della classe. Aumenteranno anche le giornate progetto e le materie opzionali. L’obiettivo è avvicinare il docente all’allievo e superare il metodo dei livelli A e B, che «oggi viene visto come un’etichettatura e un rating anche dalle scuole superiori».
La qualità dell’insegnamento - A chi teme che la qualità dell’insegnamento diminuirà, Bertoli risponde: «Già il passaggio dal Ginnasio al sistema attuale venne additato come una riforma sbagliata perché “avrebbe abbassato il livello”. Ma così non è stato e anche questo cambiamento non produrrà niente di tutto questo. Anzi, vogliamo gestire l’eterogeneità degli allievi».
«Abbiamo bisogno di un “sì” popolare - ha concluso il direttore del Decs -, perché senza questa prova di tre anni non potremo capire l’efficacia e l’impatto effettivo delle proposte avanzate nel progetto di riforma».