Il ticinese Alberto Nessi è tra i finalisti del prestigioso concorso italiano PontedilegnoPoesia 2018. Ma c'è ancora spazio, oggi, per la poesia? Ecco le sue riflessioni...
BREGGIA – C'è un ticinese tra i finalisti di PontedilegnoPoesia 2018, prestigioso premio italiano di poesia edita (vedi articolo correlato). E che ticinese! Alberto Nessi, classe 1940, nato a Mendrisio ma oggi residente a Bruzella (Breggia), è uno dei "mostri sacri" della letteratura rossocrociata contemporanea. Già insignito nel 2016 del Gran premio svizzero di letteratura alla carriera, Nessi tra il 20 e il 22 agosto prossimi potrebbe raggiungere un altro brillante traguardo, a Ponte di Legno (Brescia).
Professore, lei approda a questa finalissima grazie alla sua ultima raccolta di poesie, "Un sabato senza dolore" (Interlinea Edizioni, Novara). Cosa c'è di speciale in questi suoi testi?
C'è la musicalità. Un testo poetico funziona quando ha il ritmo giusto. E poi c'è il radicamento alla realtà. Io non sono mai stato uno scrittore incentrato su me stesso.
Fare poesia oggi sembra anacronistico. Non si sente un po' l'ultimo dei Mohicani?
Forse sì, se i Mohicani sono quelli che sanno ancora avvertire la bellezza di una foglia che trema. Spero che i Mohicani possano contagiare tutti coloro che si sono lasciati castrare dalla società.
La poesia ha sempre più uno spazio di nicchia. Cosa ne pensa?
Quello poetico è sempre stato un linguaggio speciale. Ma sostanzialmente risponde a un bisogno dell'uomo, al desiderio di tornare alle origini e di ritrovare sé stessi, al di là delle mode e delle convenzioni.
In pochi, tuttavia, sembrano andare in questa direzione.
La tecnologia e il progresso hanno aggravato la situazione. Abbiamo perso la capacità di stupirci, anche solo di fronte al sorriso di una persona.
Che spazio può avere la poesia in un mondo frenetico come quello odierno?
Oggi il linguaggio della poesia rappresenta un'alternativa alla chiacchiera mediatica, ai social network. La bellezza di un fiore è per tutti. Ma l'uomo è troppo di corsa, non se ne accorge più. Non siamo neanche più sensibili alla morte di una persona in mare. Ecco dove stiamo andando.
Tra i giovani, secondo lei, c'è ancora un potenziale interesse per la poesia?
La maggior parte dei giovani si accontenta delle canzoni, che in un certo senso sono un derivato della poesia. Non vanno oltre, immaginando che non ci sia niente di meglio.
Lei è sempre stato critico nei confronti di un eccessivo sviluppo economico e urbanistico. A 77 anni suonati, si sente ancora cittadino di questo mondo?
Certo. Ma mantengo le mie idee. L'uomo merita qualcosa di più. Quando vedo che tagliano 15 platani per costruire un palazzo, ci resto male. Una civiltà evoluta potrebbe rispettare l'albero. O no?