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CANTONE«In Ticino certi accenti sono visti male, da alcuni. È innegabile»

29.01.18 - 10:37
Il delegato cantonale all'integrazione Attilio Cometta commenta il caso dei due italiani scartati da un'azienda a Bellinzona
«In Ticino certi accenti sono visti male, da alcuni. È innegabile»
Il delegato cantonale all'integrazione Attilio Cometta commenta il caso dei due italiani scartati da un'azienda a Bellinzona

La parola ai lettori

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Questi sondaggi non hanno, ovviamente, un valore statistico. Si tratta di rilevazioni aperte a tutti, non basate su un campione elaborato scientificamente. Hanno quindi l'unico scopo di permettere ai lettori di esprimere la propria opinione sui temi di attualità.

BELLINZONA - È giusto tenere conto dell'accento di una persona, in un colloquio di lavoro? Il caso di due cittadini italiani, scartati a metà gennaio da un'azienda di Bellinzona per via (anche) della loro cadenza meridionale, ha diviso i lettori di Tio.ch. In un sondaggio online, a cui hanno partecipato circa 1400 persone, il 38 per cento ha dichiarato che sì, a parità di padronanza linguistica, la cadenza va tenuta in considerazione. Il 14 per cento la ritiene una discriminazione. Mentre il 48 per cento dei partecipanti hanno risposto che «dipende dalla posizione lavorativa aperta». 

Accenti di serie B? - Ma esistono degli accenti di serie A e di serie B (o C)? E quali sono i limiti legali entro cui un'azienda può muoversi, nel decidere chi assumere e chi no? Lo abbiamo chiesto al Delegato cantonale all'integrazione Attilio Cometta, a capo del centro Cardis di Lugano. Il servizio cantonale raccoglie le segnalazioni di chi si senta vittima di razzismo e discriminazione, «esamina la situazione fornendo un parere imparziale sulle possibilità di tutela» e una serie di informazioni alle eventuali vittime: «Strumenti di tutela esistenti, possibili costi, svantaggi e vantaggi di una via legale e esigenze probatorie da rispettare» elenca il delegato. «Non sempre il ricorso alle vie legali è la soluzione migliore. Se necessario Cardis propone un servizio di mediazione fra le parti, oppure indirizza le vittime sui servizi ed enti del territorio in grado di sostenerle e accompagnarle nel percorso». 

Un episodio come quello di Bellinzona è definibile un atto di discriminazione?

«Difficile esprimersi sul caso senza conoscere esattamente le motivazioni del datore di lavoro. Dal momento che i candidati sono di lingua madre italiana, con tutta probabilità disponevano delle competenze linguistiche richieste. Scegliere però persone con accento non locale per la raccolta fondi può portare all’insuccesso dell’azione, poiché in passato ci sono state e ci sono sempre azioni di truffe a scopi benefici. 
In un contesto multiculturale come il nostro, dove convivono una pluralità di accenti diversi - a seconda dell’origine eventualmente straniera, o delle specificità dialettali delle regioni del Ticino - un accento diverso non dovrebbe, di principio, costituire un ostacolo nella comunicazione con il pubblico».
 
In generale, un'azienda può utilizzare qualsiasi criterio - ad esempio geografico, o etnico - nel selezionare il personale? Cosa dice la legge?

«L’esclusione di un candidato in base a caratteristiche cosiddette etniche, razziali o religiose rischia di costituire una lesione della personalità contraria al diritto civile. Tuttavia, in ambito privato vige il principio della libertà contrattuale. Il datore di lavoro è quindi libero di assumere chi vuole. Se però si scarta un candidato che ha tutte le qualifiche ricercate unicamente o prevalentemente a causa della sua origine etnica, nazionale o regionale, dal colore della sua pelle o della sua appartenenza religiosa, viola uno dei principi fondanti a tutela della coesione sociale».
 
In base all'esperienza del vostro ufficio, in Ticino è diffusa la percezione di particolari accenti come negativi?

«Non possiamo negare che vi sia una parte della nostra popolazione, indigena e straniera, comunque non significativa che attribuisce una connotazione negativa per accenti diversi. I pregiudizi e gli stereotipi nei confronti di queste persone possono determinare espressioni o anche solo battute ironiche e discriminatorie. Si può comunque affermare che persone, in particolare gli italiani del Sud, non hanno maggiori difficoltà d’integrazione dovute al loro accento. La Svizzera può essere un esempio privilegiato di coesione sociale, smarcandosi nettamente da altri Stati, a noi vicini, dove le differenze e i contrasti Nord-Sud possono assumere contorni marcanti e discriminanti, anche in maniera acuta».

Ci sono gruppi di immigrati in Ticino che hanno più difficoltà di altri ad integrarsi a causa della lingua, o di un accento che è percepito come negativo? 

«I fattori di esclusione o di difficoltà d’integrazione in ambito linguistico si concentrano essenzialmente nella mancata conoscenza della lingua italiana, ma non per differenze di idiomi o accenti più o meno lontani dalla nostra realtà. Gli immigrati italiani o slavi, per esempio, hanno superato da molto tempo gli indiscussi e comprovati atteggiamenti ostili e discriminatori vissuti nei loro primi anni in Svizzera. È comunque un aspetto ciclico. Il percorso di integrazione necessita tempo, ma è un anche un compito dell’intera società».

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