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LUGANOLa malattia misteriosa: “Aiutatemi a capire cosa ho”

21.01.16 - 08:00
Silvia Arioli, classe 1982, era una ragazza sportiva e dinamica. All’improvviso si è ritrovata catapultata in un incubo: “Cerco una diagnosi, voglio guarire”
La malattia misteriosa: “Aiutatemi a capire cosa ho”
Silvia Arioli, classe 1982, era una ragazza sportiva e dinamica. All’improvviso si è ritrovata catapultata in un incubo: “Cerco una diagnosi, voglio guarire”

LUGANO - “Chiedo aiuto ai medici di tutto il mondo, affinché io possa capire che cosa ho. E al Cantone. Vorrei che mi permettesse di curarmi all’estero”. È un appello senza frontiere, quello che arriva da Silvia Arioli, classe 1982, origini parmensi e residente a Lugano. Fino a due anni fa Silvia era una ragazza sprint, faceva l’infermiera a domicilio e praticava tanto sport. Oggi fa al massimo qualche passo con le stampelle. Per il resto del tempo, è costretta a starsene su una sedia a rotelle. La sua è una malattia rara. Anzi, in realtà le malattie sono due, che si sovrappongono. “La prima sono riusciti a diagnosticarmela. L’altra no. Nessuno, per ora, sa cosa sia. E io sto sempre peggio”.   

Fulmine a ciel sereno - Ogni giorno per lei è una sfida contro il tempo, una lotta per fermare la sabbia che inesorabilmente scende da quella clessidra. L’incubo per lei inizia a gennaio del 2014. Come un fulmine a ciel sereno. “Sentivo strani dolori alle gambe e alla schiena. A un certo punto mi sono resa conto che facevo fatica pure a fare le scale. Avevo mal di testa sempre più frequentemente. E le gambe mi cedevano”.

Sempre più inferma - Silvia si sottopone a un’infinita serie di controlli medici. In Svizzera. In Italia. Dopo mesi di analisi gli esperti scoprono che ha una siringomielia dorsale, una rara malattia del midollo spinale. “Ma mi hanno spiegato che questa giustificava i dolori neuropatici, il mal di testa, i formicolii, le scosse, ma non i problemi di mobilità. Insomma, ho anche altro. Qualcosa che mi sta rendendo sempre più inferma”.   

Frustrazione - La 33enne prosegue senza sosta le sue ricerche. “Anche perché se non riesco ad avere una diagnosi, non posso nemmeno curarmi.  A volte è frustrante. Ti senti dire che è tutta una cosa mentale, o altre fesserie del genere. Mi fa soffrire vedere psicologi e neurologi che si passano la patata bollente a vicenda”.

Futuro incerto - E siccome Silvia continua a non avere risposte, cerca di capire la situazione anche da sola, con gli strumenti che ha. “Mi sono resa conto che c’è una correlazione tra la mole di assunzione di carboidrati e la mia forza muscolare. Purtroppo però da sola non riesco a spiegarla. È terribile. Vedi il tuo corpo deperire di giorno in giorno e non sai come andrà a finire”.

Burocrazia - Il problema di Silvia, che ha un permesso di soggiorno B, è anche burocratico. Dopo due anni in malattia, ha perso il lavoro. “Oggettivamente non posso più fare l’infermiera a domicilio”. Dal primo di marzo entrerà in disoccupazione. “Ma io vorrei fare una riqualifica, tornare a lavorare al più presto. Però quelli dell’Assicurazione invalidità sostengono che, non essendo ancora la mia situazione ben definita, sia ancora prematuro parlare di un percorso del genere. Mi hanno pure consigliato di andarmene in assistenza. Ma che senso ha? Così rischio pure di perdere il permesso di soggiorno… Io voglio guarire, non vegetare”.   

Casistica ridotta - E c’è anche una questione di numeri da considerare. “La Svizzera è un Paese relativamente piccolo. È normale che, statisticamente, i medici non siano confrontati con cifre alte per quanto riguarda le malattie rare. Nonostante l’alta qualità delle cure in Svizzera, non possono avere la giusta esperienza in merito. Ho scritto alle autorità sanitarie elvetiche, chiedendo di essere sostenuta nella mia ricerca della verità all’estero, dove magari c’è una casistica più ampia. Altrimenti tutto rischia di essere costosissimo per me, visto che dovrei coprire ogni spesa di tasca mia. È vero, sono italiana. Ma le tasse e la cassa malati le pago in Svizzera, il luogo in cui vivo”.

Emozione - Poi c’è il grido di speranza. Condito da tanta emozione. “Io spero che qualche luminare legga la mia storia e si faccia avanti per cercare di capire cosa mi sta succedendo. Io ci credo ancora. Non voglio mollare. La vita è troppo bella”.

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