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LUGANOFabio Lai: "È stata una maledetta sfortuna"

28.01.10 - 11:59
In aula si ripercorrono i mesi turbolenti che Fabio Lai ha passato in Ticino prima dell'omicidio del 28 agosto. Poi la ricostruzione dei drammatici minuti in cui morì Giuseppe Fera
Ti Press
Fabio Lai: "È stata una maledetta sfortuna"
In aula si ripercorrono i mesi turbolenti che Fabio Lai ha passato in Ticino prima dell'omicidio del 28 agosto. Poi la ricostruzione dei drammatici minuti in cui morì Giuseppe Fera

LUGANO - "Ho iniziato a lavorare per la Garzoni ad inizio maggio", spiega Lai. "Da allora non ha più lasciato la Svizzera" replica Zali ricostruendo il periodo di quattro mesi che ha preceduto la drammatica serata della morte di Fera. Quattro mesi che Zali riassume con una serie di fatti di violenza, più o meno gravi. Una rissa al centro autogestito, causata da una maglietta di Forza Nuova, che amici di Lai gli avevano regalato e che era stata vista dagli altri "inquilini" del centro autogestito per la quale era stato etichettato quale fascista, spiega Lai. A seguito della lite, Lai era stato medicato al pronto soccorso.

"Tante calunnie su di me" - "È come schiacciare una formica" afferma Lai in risposta al verbale di un secondo episodio di violenza del quale Zali legge le dichiarazione delle altre persone coinvolte. Lai sottolinea più volte, nonostante in precedenza abbia riconosciuto di aver sbagliato in diverse occasioni, il fatto d'essere facilmente accusabile e poco credibile proprio in merito al suo passato. "In quei momenti ogni calunia prendeva forma sulla mia persona" afferma ancora Lai.

Attorno all'imputato aleggia inoltre un aurea di "razzismo" dovuta sia alla maglietta di Forza Nuova, sia a presunti atti di violenza nei confronti di persone di colore. Accusa questa che Lai rifiuta in modo deciso.

L'integrazione di Lai in Ticino - "Non si è posto il problema della sua mancata integrazione in Ticino?" chiede Zali. "Ero arrivato da poco in Ticino e sfortunatamente ho conosciuto persone sbagliate. Tutte le persone con le quali ho avuto problemi le ho conosciute al Mulino". "Su quattro mesi di lavoro ne ha passato tre settimane in ferie e un mese e mezzo in infortunio . Giusto?" Chiede Zali.

I fatti salienti di quella sera - "Mi parli della giornata del 28 agosto 2009". Il giudice Zali porta quindi il dibattimento al giorno della morte di Giuseppe Fera. "Sono arrivato a Lugano poco prima di mezzanotte. Ho incontrato un amico architetto e dopo un po' sono arrivati altri conoscenti. Verso l'1.30 abbiamo deciso di andare alla discoteca Privilege, però non c'era molta gente e quindi non ci siamo rimasti. Siamo usciti e in Piazza Dante abbiamo incontrato altri conoscenti tra i quali c'era anche Fera. Due di loro mi hanno invitati ad andare al Club Number One. In sette ci siamo incamminati lungo via Peri".

"Qui comandano i clabresi" - "Lei conosceva Fera?" chiede Zali. "No, non lo avevo mai conosciuto", risponde Lai, e aggiunge: "Si sa da dove arrivano gli infami e i pentiti, le statistiche lo dimostrano. Qui comandano i calabresi. Ho capito che voleva litigare". Lai racconta cosa gli aveva detto Fera dopo aver saputo delle sue origini napoletane. "Le sembrava che avesse bevuto?", chiede ancora Zali. "Pensavo che volesse arrivare a litigare", risponde Lai.

A questo punto Zali interrompe un attimo l'imputato per porre una domanda al procuratore. "L'episodio di provocazione verbale trova riscontro nelle riscostruzione dei fatti, conferma procuratore?". La risposta   è chiara: "Sì". "All'inizio i presenti hanno percepito la tensione tra le due persone, ma questa è poi scemata in pochi attimi. Quello che era un fuocherello si è spento", precisa il procuratore, il quale sottolinea che nonostante l'imputato abbia dichiarato d'essersi allontanato per evitare problemi, entrambi in realtà sono tornati velocemente "spalla a spalla".

Il desiderio di iniziare una nuova vita - Zali, ribadendo il passato burrascoso e il desiderio di Lai di iniziare "una nuova vita" ha chiesto all'imputato se era realmente il caso di continuare a stare con quel gruppo di persone dopo questo primo episodio. "Su via Cantonale - ha ripreso Fabio Lai - Fera camminava un po' più avanti di me. Ho preso una sigaretta ed ho chiesto agli altri se avevano da accendere. Fera si è girato e ha detto di non dare da accendere ad un infame. Io poi l'ho colpito con uno schiaffo forte. Non avrei mai pensato di uccidere una persona. È stata una maledetta sfortuna".

"Cosa pensava d'ottenere?" chiede Zali. "L'ho fatto per difendermi" è stata la risposta. "Cosa si aspettava di provocare con il suo colpo? Si aspettava una scazzottata?" ribadisce Zali. "Poteva succedere. Poteva finire lì".
"Non svicoli. Quale poteva essere il risultato più semplice?" incalza Zali. "Potevamo cominciare a fare a botte, ma poteva anche finire lì". Zali legge in seguito il referto medico. "Per effetto del colpo, violento, Fera è svenuto in piedi e poi è caduto a terra picchiando la testa per terra".

Zali passa poi alle dichiarazioni di due testimoni che riferiscono di due atteggiamenti opposti, subito dopo  lo schiaffo tirato a Fera. Uno ha raccontato  che Lai si sarebbe portato le mani alla testa e gridare "No", atteggiamento che secondo Zali potrebbe indicare un certo rimorso per l'accaduto; il secondo invece ricorda una frase di scherno nei confronti di Giuseppe Fera.

I rimproveri del giudice - La replica dell'imputato genera poi nel giudice una risposta un po' stizzita. "Lei non deve confutare i verbali, si deve limitare a raccontare la sua versione". "Nega d'aver detto frasi di scherno in direzione della vittima?". "Sì. E lo si capisce anche dalle riprese della videocamera". "Smetta di argomentare, in otto secondi può anche dire una frase di scherno" replica il giudice. "Quando ha cominciato a pensare che fosse successo qualcosa di brutto?"
"Quando ho sentito arrivare l'ambulanza. In quel momento ho ciminciato a preoccuparmi, ma poi mi ripetevo che, avendogli dato uno schiaffo, non poteva essere una cosa molto grave". "Il giorno dopo mi ha chiamato la polizia convocandomi, lì ho saputo cosa era successo".

Si riprende alle 14 con la fine della fase istruttoria e la parola alle parti.

Saul Gabaglio
 

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