"Di casi ce ne sono parecchi, ma è difficile farli venire a galla" denuncia l'Associazione gay-lesbica Collegati. La paura dell'omosessualità inizia già a scuola. Contro l'omofobia si mobilita un gruppo di studenti del Liceo 1 di Lugano e fonda "Giocosi": "A scuola non se parla e i maestri preferiscono tacere sull'argomento"
In Ticino
Insomma, nonostante un'importante battaglia vinta con la legge sul partenariato, i gay hanno ancora vita dura per colpa di un'omofobia che persiste nella società. Il Ticino non fa eccezione: "Lo abbiamo visto molto bene in occasione della votazione sull'unione registrata - ci dicono Donatella Zappa e Nicoletta Alberio, dell'Associazione gay-lesbica Collegati - manifestazioni di chiara intolleranza sono giunti sia da alcuni partiti politici, sia da parte della Chiesa".
Un'intolleranza popolare che fortunatamente non si è mai tradotta in violenza fisica, limitandosi semmai solo a quella psicologica. In questo senso il posto di lavoro è uno degli scenari più adatti. La storia sindacale non ha mai portato alla luce delle denunce, ma la discriminazione gay sul lavoro esiste anche presso le nostre latitudini: "Le situazioni sono parecchie, e qualunque gay lo può raccontare - ci dice Donatella Zappa. Noi siamo a conoscenza di alcuni episodi, ma la difficoltà concreta è far emergere effettivamente la matrice omofobica che ha determinato un caso di mobbing o di licenziamento".
Secondo Donatella Zappa l'omofobia è latente e colpisce i più deboli: "Se un gay dichiara apertamente la propria omosessualità e la vive serenamente, molto spesso non verrà attaccato. Coloro che invece fanno fatica ad accettarsi e a dichiararsi sono quelli più fragili e di conseguenza più facilmente attaccabili".
A scuola è un argomento tabù
Tra i settori professionali più soggetti al tabù gay c'è indubbiamente quello degli insegnanti: "Molti professori e professoresse omosessuali in Ticino preferiscono non rivelare la propria omosessualità perché andrebbero inevitabilmente incontro a una serie di problemi. I genitori dei ragazzi inizierebbero a creare problemi: nella mentalità di alcune persone esiste ancora il vecchio fantasma del contagio gay".
Nelle scuole ticinese di omosessualità se ne parla poco, e in alcune realtà scolastiche non se parla affatto, secondo i nostri interlocutori. Da alcuni mesi è nata una nuova associazione di studenti e studentesse gay. Si chiama "Giocosi" ed è stata creata da alcuni giovani del Liceo di Savosa. Scopo del gruppo - come si può leggere anche sul loro sito - abbattere i pregiudizi e l'omofobia. Anche secondo loro il sentimento di rifiuto è molto presente in Ticino. Ci racconta Gabrielle, che fa parte dell'Associazione: "Sull'autopostale le ingiurie e le volgarità nei confronti dei gay da parte di altri nostri compagni sono quotidiane . Quando ho rivelato a una mia amica di essere lesbica, ho notato che ha iniziato a staccarsi da me e a non rivolgermi più la parola. Al Liceo solo un maestro è venuto a complimentarsi con la nostra iniziativa. I professori preferiscono non parlare di omosessualità in classe. La situazione più paradossale che ho assistito è quando durante l'ultimo anno delle scuole medie sono venute due psicologhe a parlare di sessualità e di fronte alla richiesta da parte dei ragazzi di spiegare l'omosessualità, le due psicologhe si sono tirate indietro e hanno dichiarato che il problema non doveva riguardarci e che non meritava né spiegazioni, né discussioni".
Una paura tutta ticinese secondo Nicoletta Alberio, del movimento di Collegati: "Se una ragazza chiede di parlare di omosessualità e una psicologa nega la discussione è sintomo di un sentimento di rifiuto. Questo è il Ticino. Rispetto ad altre realtà svizzere siamo indietro di circa una ventina d'anni. Se oggi abbiamo il partenariato dobbiamo dire grazie a quei Cantoni che hanno votato per il sì, il Ticino ha optato invece per il no".