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Ticino‘ Non so’, senza arrossire... al Forum A Newsfront i famosi giornalisti scettici sulle verità assolute

09.08.04 - 13:47
‘ Non so’, senza arrossire... al Forum A Newsfront i famosi giornalisti scettici sulle verità assolute
« Oggi il giornalismo non è attrezzato alla complessità del mondo e quindi tende, soprattutto quello televisivo, alla semplificazione » . Sacrosante parole quelle lanciate ieri mattina dal giornalista de laRepubblica Guido Rampoldi al forum, affollatissimo, “ Verità o falsificazione: la realtà manipolata”; altro tassello della retrospettiva ‘ Newsfront: media e cinema’.

Invitati alcuni pezzi da 90 – moderati da Erich Gysling – del giornalismo mondiale: Carl Bernstein, Robert Fisk, Hassan Ibrahim, John Lloyd, Ettore Mo ( scusate se è poco!) e, appunto, Rampoldi, probabilmente il meno noto al grande pubblico. Cominciamo da lui: « Ci siamo mai posti domande del tipo “ chi siamo?” e “ che cos’è il terrorismo? E come possiamo definirlo?”. E che cos’è il terrorismo di stato, che nel ’ 900 ha provocato tragedie incredibili ben superiori a quelle del terrorismo organizzato? Ci siamo mai chiesti perché l’Inghilterra abbia riaperto il commercio di armi con l’Uzbekistan, che sappiamo fornisce – tramite alcuni canali – mezzi e uomini al terrorismo internazionale? » .

Iraq e politica internazionale ieri hanno tenuto banco. Con essi però tanti altri argomenti: dalle questioni etiche della professione ad un’incessante quanto curiosa sfilza di aneddoti.

Difficile oggi farne una cronaca compiuta ed esaustiva. Tuttavia, a dover proprio cercare un denominatore, ciò che ha accomunato gli illustri relatori (‘ Washington Post’, ‘ Corriere della Sera’, ‘ Cnn’, ‘ Al Jazeera’, ‘ Financial Time’) pare essere un certo scetticismo di fondo per le certezze date.Verità ultime, opinioni insindacabili e simili provocano allergia tanto per Ibrahim della tv araba ( « è impossibile fornire la visione di insieme delle cose, io a volte semplicemente non so: non so chi è colpevole e dove sta la verità » ) quanto per il leggendario americano Bernstein ( « dire ‘ non so’ è una cosa fondamentale per il giornalista » ; « sensazionalismo e manipolazioni appartengono alla cultura dell’idiozia » ) .

Non meno deciso su questi punti si è dimostrato l’inviato di guerra Fisk ( « Noi non possiamo che dare piccoli tasselli della realtà, anche stando all’interno del campo di battaglia » ) .

Certo che i tasselli si riducono a ridicole capocchie di spillo se il giornalismo si riduce a un lavoro di ‘ cucina’.Allarme esposto da Ettore Mo che il mondo, lui sì, l’ha girato per davvero: « Gli inviati speciali costano. È un dato di fatto. Gli editori quindi tendono sempre di più a farne a meno, utilizzando agenzie di stampa, e cioè notizie di secondo, terzo e quarto grado » . Il che, ben si capisce, è una forma di subdola manipolazione, di limitazione, che spinge a un « linguaggio automatico » ( Rampoldi) e a dire terrorismo senza indagarsi, irresponsabilmente, sul senso della parola.

Si è parlato poi di censura, di Berlusconi, di fatti e misfatti di una professione che con il cinema ha trovato a Locarno una profonda riflessione.E ieri i grandi hanno detto che a volte è meglio farsi piccoli... perché dire “ non so”, a volte, è una forma di coraggio.

DA. RE laRegioneTicino
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