di Massimiliano Ay, candidato al Consiglio degli Stati per la lista 13 “No UE – No NATO”
L’establishment pare abbia già deciso: lentamente, gradualmente la Svizzera si deve incamminare verso un’adesione alla NATO. È la classica “tattica del salame” che possiamo però ancora smascherare e fermare. Ecco perché il Partito Comunista ha promosso la lista “No UE-No NATO”: non si devono infatti banalizzare con fare formalista le tappe di avvicinamento politico alla NATO che stanno umiliando la nostra neutralità.
Nel pieno del primo lockdown, quando i cittadini avevano ben altro a cui pensare, il Consiglio federale siglò silenziosamente due accordi bilaterali militari di cui uno con gli USA (quelli che hanno bombardato Serbia, Irak, Libia e Siria senza subire mezza sanzione). Lo Stato Maggiore del nostro esercito dichiarò in quell’occasione che “impieghi congiunti sono esclusi”, in agosto il comandante Süssli però ha già aperto al fatto che i coscritti in futuro potrebbero essere inviati all’estero (cioè nei centri NATO) per i corsi di ripetizione. Cosa peraltro non del tutto sconosciuta: già oggi si esternalizza parte dell’istruzione degli ufficiali e sono già state annunciate manovre militari congiunte fra Svizzera e NATO proprio quando questa, per interposta persona, si trova nel bel mezzo di una guerra in Europa.
Anche la questione degli F35 c’entra: stiamo parlando di aerei sottoposti infatti a vincoli tecnologici che li rende inutilizzabili senza l’Ok del Pentagono: alla faccia della sovranità nazionale! E infine Berna ha firmato una dichiarazione d’intenti per aderire allo Sky Shield, una sorta di scudo missilistico (in cui ovviamente americani e sionisti comandano) che prevede l’integrazione militare e lo scambio di dati solo con gli eserciti NATO apertamente orientati contro la Russia e la Cina: oltre al rischio di finire bersagli in caso di estensione del conflitto, si snatura completamente il principio di neutralità fra blocchi. Insomma una sfilza di errori strategici che bisogna correggere.
Dal 1999, infatti, con il cambiamento del suo concetto strategico la NATO ha rinunciato a ogni valenza difensiva ed è attiva per impedire il sorgere di un mondo multipolare. Per farlo si apre a partenariati con paesi non-membri, come la Svizzera, che impongono la ridefinizione della dottrina delle forze armate nazionali, cioè un progressivo abbandono del concetto di esercito di difesa e una “pianificazione della difesa” che prevede il coinvolgimento della NATO prima di quella del parlamento nazionale. Ecco perché oltre a rimpatriare i nostri soldati dal Kosovo rivendichiamo il ritiro della Svizzera dalla pericolosa e per nulla pacifica “Partnership for Peace”. La lista “No UE-No NATO” difende la neutralità quale principio fondante della politica estera e di difesa del nostro Paese: solo così potremo recuperare la credibilità della nostra diplomazia!