La corte vieta alla banca, in data 21 giugno, di trasmettere, comunicare o portare a conoscenza di terzi o di Stati terzi documenti riguardanti l'ex collaboratore. Il Credit Suisse ha tempo dieci giorni per ricorrere.
Si tratta di una prima vittoria, commenta Hornung, avvocato dell'ex dipendente. "La decisione è molto favorevole alla protezione di questo dipendente e ridà speranza a tutti gli impiegati che temono nuove trasmissioni di dati", osserva l'avvocato in una nota.
Il Tribunale sottolinea che l'autorizzazione del Consiglio federale del 4 aprile 2012, basata sull'articolo 271 del Codice penale svizzero, non ha effetto civile e che inoltre tale autorizzazione lascia la piena e intera responsabilità civile alla banca.
La banca ha sì un interesse a collaborare con le autorità americane per evitare un'eventuale incriminazione e negoziare una multa. Ma nel caso specifico l'interesse privato e particolare dell'impiegato deve prevalere poiché lavorava al desk americano del Credit Suisse e i dati che il Credit suisse desidera trasmettere riguardano precisamente l'attività transfrontaliera della banca negli Stati Uniti e tali dati, se trasmessi, creerebbero un danno difficilmente riparabile per l'impiegato (in particolare rischio di arresto/incriminazione), si legge nel comunicato dell'avvocato.