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SVIZZERAIl franco forte, due anni dopo

14.12.16 - 09:46
Secondo Credit Suisse siamo «fuori dal guado»: nel 2017 l'economia crescerà dell'1,5%
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Il franco forte, due anni dopo
Secondo Credit Suisse siamo «fuori dal guado»: nel 2017 l'economia crescerà dell'1,5%

ZURIGO - Due anni dopo l'abbandono della soglia minima di cambio Euro/CHF e l'introduzione di tassi negativi, nel 2017 la Banca nazionale svizzera (BNS) dovrebbe compiere un cambiamento di direzione, seppur decisamente più morbido. Secondo gli economisti di Credit Suisse, nell'anno a venire sarà piuttosto propensa a tollerare un franco più forte e a intervenire meno attivamente sul mercato valutario. Sempre più settori d'esportazione hanno riguadagnato la loro capacità competitiva e l'economia interna sta esprimendo una crescita esuberante, pur se con una dinamica inferiore alla media. Un'analisi approfondita proposta nel Monitor Svizzera indica inoltre che nel lungo periodo il franco rimarrà una moneta fondamentalmente solida, essendo di fatto l'immagine speculare del successo raccolto da settori d'esportazione oltremodo produttivi. Viceversa, la BNS manterrà verosimilmente i tassi negativi almeno sino alla fine del 2017. Nell'insieme, stando alle previsioni di Credit Suisse nel 2017 l'economia svizzera crescerà dell'1,5%.

Secondo le valutazioni degli economisti di Credit Suisse, l'export è sostanzialmente fuori dal guado. «Vi sono senz'altro settori in cui il volume delle esportazioni è ancora in calo e nella prevalenza dei comparti l'organico è tuttora in flessione, ma il loro numero sta progressivamente diminuendo», dichiara Oliver Adler, responsabile Economic Research di Credit Suisse. Le differenze tra i settori sono inoltre già sensibilmente più sottili che nel periodo di «assimilazione» delle precedenti rivalutazioni del franco e di gran lunga più piccole che nella crisi finanziaria del 2008/09. «Questo suggerisce che sempre più settori stanno riguadagnando la loro capacità competitiva», aggiunge Oliver Adler. Ciò malgrado, sull'esempio dell'industria meccanica nel Monitor Svizzera viene narrato il calvario di un settore d'esportazione particolarmente sensibile alle variazioni dei tassi di cambio: dal 2010 la crescita del fatturato di questo settore in moneta nazionale arranca alle spalle del suo omologo tedesco con un distacco di quasi il 40%.

L'immigrazione più debole frena la crescita dei consumi


Grazie al rilancio delle esportazioni, anche un crollo della domanda interna appare improbabile, per cui gli economisti di Credit Suisse ritengono che anche nel 2017 l'economia interna alimenterà l'espansione economica svizzera, fermo restando che gli impulsi di crescita interni saranno una volta ancora moderati. Tre fattori depongono a sfavore di un'accelerazione del consumo privato: primo, la maggiore domanda indotta dal flusso immigratorio dovrebbe rivelarsi di circa un quinto inferiore rispetto allo scorso anno, giacché è indubbio che l'immigrazione continuerà a scemare. Secondo, il periodo dell'aumento del potere d'acquisto grazie al calo dell'inflazione appartiene ormai al passato – agli aumenti salariali modesti fa da contraltare un livello dei prezzi di nuovo in lieve rialzo. E terzo, a seguito delle persistenti incertezze che aleggiano sul mercato del lavoro il clima di fiducia dei consumatori rimane verosimilmente depresso.

A dispetto dei tassi vantaggiosi lo Stato rimane cauto


Secondo gli economisti di Credit Suisse è improbabile che lo Stato scenda in campo come volano della domanda e conferisca ulteriore slancio all'economia interna. Costi di rifinanziamento inferiori o persino negativi suggerirebbero invero un simile scenario. Regalano alla Confederazione risparmi annui per oltre CHF 200 mio. e hanno ridotto di circa CHF 1,6 mia. gli oneri per interessi dei cantoni. Ma anziché accumulare debiti e guadagnarci, la Confederazione in particolare è restia a emettere titoli. «È comprensibile, poiché una spesa aggiuntiva che promuova una crescita duratura non è di facile attuazione», spiega Oliver Adler. Gli incentivi fiscali non sono adatti ad attenuare la contrazione dei margini.

Il contesto di tassi ai minimi stimola gli investimenti immobiliari


Per converso dovrebbero accelerare gli investimenti nell'edilizia. In proposito è determinante in primis l'edilizia abitativa, che continua ad essere sostenuta dallo scenario di tassi molto bassi (vedi situazione d'emergenza degli investimenti). Dato che l'offerta di abitazioni cresce più rapidamente della domanda, è presumibile che gli sfitti continueranno ad aumentare. «Appena due anni dopo la loro introduzione è lecito concludere che i tassi negativi hanno stimolato eccessivamente il mercato immobiliare», afferma Oliver Adler. Se il contesto di tassi ai minimi o negativi dovesse perdurare, si inaspriranno i problemi posti dal finanziamento della previdenza per la vecchiaia. Ad ogni modo, il rischio più evidente dei tassi negativi, ovvero quello di spingere gli investitori a convertire i loro depositi bancari in denaro contante, non si è finora verificato.

BNS: tassi invariati, ma meno interventi nel 2017


Stanti i loro effetti collaterali, a giudizio degli economisti di Credit Suisse nel 2017 la BNS non abbasserà ulteriormente i tassi negativi. Tuttavia, neppure un rialzo dei tassi è per il momento un argomento di dibattito. Ciò malgrado, gli economisti della banca pronosticano che nel corso del 2017 la BNS interverrà meno attivamente sul mercato dei cambi e potrebbe tollerare un franco più forte. La BNS non dovrebbe tuttavia sospendere esplicitamente e all'improvviso i suoi acquisti di valuta estera e anche in futuro non mancherà di reagire con energici interventi sul mercato valutario a forti spinte all'apprezzamento. Secondo le previsioni di Credit Suisse il franco rimarrà sopravvalutato rispetto all'euro.

La Svizzera presenta i sintomi della «malattia olandese»

«L'apprezzamento del franco è anche il risultato di utili elevati negli scambi commerciali con l'estero», dichiara Maxime Botteron, autore di un'analisi sulla bilancia delle partite correnti contenuta nel Monitor Svizzera. Nonostante il franco forte, nel commercio internazionale e nei redditi da capitale transfrontalieri la Svizzera ha realizzato un'eccedenza di circa CHF 65 mia. all'anno, pari al 10% del prodotto interno lordo (PIL). Questa forte eccedenza va accreditata prioritariamente ad alcuni pochi settori altamente produttivi, specialmente l'industria farmaceutica, l'industria orologiera, il commercio di materie prime, (commercio di transito) e i servizi finanziari. Ne consegue che la Svizzera presenta senz'altro i sintomi della «malattia olandese», ossia di una forza valutaria alimentata dal boom dell'export di pochi settori. La constatazione che i settori con eccedenze sono fondamentalmente solidi è sottolineata dal fatto che finora l'apprezzamento del franco ha avuto una scarsa incidenza sulle loro esportazioni. Metaforicamente parlando, la forza della moneta rossocrociata è quindi il rovescio della forza fondamentale di alcuni settori votati all'esportazione. Finché continueranno ad avere successo, anche il franco tenderà ad essere strutturalmente forte. Secondo gli economisti di Credit Suisse, un indebolimento attivo dei settori con eccedenze o un'imposizione fiscale specifica delle loro eccedenze sarebbe controproducente. La politica non ha quindi mezzo di impedire la forza del franco. E la politica monetaria dovrebbe limitarsi a ridurre le sopravvalutazioni temporanee.

 

 

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COMMENTI
 

lo spiaggiato 7 anni fa su tio
Che la BNS la smetta di stampare a manetta x svalutare il franco!...

miba 7 anni fa su tio
Diffidare sempre da quanto viene detto dalle grandi Banche che in sostanza fanno unicamente gli interessi dei propri azionisti ed operano quindi secondo il mero profitto ed il problema è che quanto dicono viene sempre preso sul serio, risp. come oro colato. Nell'articolo vedo tante ipotesi, previsioni, frasi messe al condizionale, pronostici, teorie, ecc ecc. Purtroppo la politica e l'economia si adagiano su questo (e le grandi banche fanno questi comunicati in maniera mirata...) con il risultato che alla fine ci guadagnano in pochi e ci perdono in molti
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