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SVIZZERALa Corte europea dei diritti dell'uomo condanna la Svizzera per discriminazione razziale

20.02.24 - 11:02
Accolto il ricorso presentato nel 2015.
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Fonte ATS / amnesty international
La Corte europea dei diritti dell'uomo condanna la Svizzera per discriminazione razziale
Accolto il ricorso presentato nel 2015.

STRASBURGO - La Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) ha condannato la Svizzera per discriminazione razziale. La CEDU ha, infatti, accolto il ricorso di un uomo di pelle scura multato per essersi rifiutato di sottoporsi a un controllo di identità.

Il ricorrente è Mohamed Wa Baile, uno svizzero di origini keniane - oggi 49enne - fermato e perquisito dalla polizia alla stazione di Zurigo nel 2015. Si era opposto alla decisione perché riteneva di essere stato vittima di profilazione razziale (o "racial profiling"). Nella sua sentenza, la CEDU ha ritenuto che, date le circostanze del controllo d'identità e il luogo in cui è stato effettuato, il ricorrente potesse invocare una discriminazione basata sul colore della sua pelle. Inoltre, il suo ricorso non era stato oggetto di un esame effettivo da parte dei tribunali amministrativi e penali in Svizzera.

In queste circostanze, secondo la CEDU, il ricorrente ha subito violazioni degli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata), 13 (diritto a un ricorso effettivo) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. La Svizzera è stata condannata a pagargli 23'975 euro (22'821 franchi) di spese. L'interessato non ha invece chiesto il risarcimento dei danni materiali e morali.

Controllo controverso - Il 5 febbraio 2015, alle 7 del mattino, alla stazione centrale di Zurigo, gli agenti della polizia comunale zurighese avevano fermato l'uomo e gli avevano chiesto un documento di identità. L'uomo si era rifiutato di mostrare un documento o di fornire il proprio nome. Dopo aver trovato nello zaino una tessera AVS con il suo nome, la polizia lo aveva lasciato andare.

Qualche settimana dopo, Mohamed Wa Baile aveva ricevuto una multa per non aver rispettato gli ordini della polizia. Gli era stato ordinato di pagare 100 franchi. L'oggi 49enne aveva portato la sanzione in tribunale e ha perso sia davanti al Tribunale distrettuale di Zurigo sia davanti al Tribunale cantonale e infine davanti al Tribunale federale nel 2018.

«Evitato il mio sguardo» - Il motivo addotto dall'agente di polizia, responsabile del controllo, era che l'uomo avesse evitato il suo sguardo e avesse dato l'impressione di voler evitare la pattuglia di polizia. I tribunali svizzeri hanno poi condiviso questa argomentazione. L'interessato ha visto però le cose in modo diverso. È convinto di aver subito il controllo solamente per il colore della pelle. Davanti alla CEDU, l'uomo ha quindi invocato, tra l'altro, una violazione del divieto di discriminazione sancito dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Strasburgo ha classificato il procedimento come un "caso d'impatto" ("impact case"). Si tratta di casi a cui la Corte attribuisce particolare importanza per l'ulteriore sviluppo della tutela dei diritti umani e che sollevano nuove questioni relative all'interpretazione e all'applicazione della Convenzione.

Non si sono fatte attendere le reazioni al verdetto. L' Alleanza contro la profilazione razziale ("Allianz gegen racial profiling") ha indicato che la sentenza rappresenta un importante passo avanti nella lotta contro questo tipo di discriminazione e il razzismo istituzionale.

Anche la Fondazione contro il razzismo e l'antisemitismo (GRA) ha accolto con soddisfazione la sentenza. In una nota odierna, la GRA rileva come la sentenza dimostri che la pratica dei controlli d'identità in Svizzera deve essere migliorata.

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