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GINEVRACome schiave nella villa dei multimiliardari

26.01.24 - 13:30
La famiglia Hinduja a processo a Ginevra, l'accusa è di sfruttamento perpetrato per decenni ai danni del personale domestico.
AFP
Namrata Hinduja (C) e Ajay Hinduja (R) con i loro avvocati, in una foto scattata all'apertura del procedimento lo scorso 15 gennaio.
Namrata Hinduja (C) e Ajay Hinduja (R) con i loro avvocati, in una foto scattata all'apertura del procedimento lo scorso 15 gennaio.
Come schiave nella villa dei multimiliardari
La famiglia Hinduja a processo a Ginevra, l'accusa è di sfruttamento perpetrato per decenni ai danni del personale domestico.

GINEVRA - Forse il nome Cologny vi dirà poco o niente ma il comune romando, sulle sponde del Lago di Ginevra, è in realtà un'enclave nota fra i super-ricchi di tutto il mondo.

Sui suoi dolci pendii, che sono soprannominati “La colline des millionaires” (la collina dei milionari, ndr.) diversi magnati internazionali e non hanno deciso di prendere dimora. Fra questi c'è anche la famiglia indiana, naturalizzata svizzera, degli Hinduja.

Patrimonio stimato di 10 miliardi, con attività in diversi settori (trasporti, energia, materie prime e finanza). Personalità di spicco: Prakash Hinduja, nel 2023 (in salita netta) nella classifica dei super ricchi svizzeri.

Uno sfruttamento che continua da decenni - La famiglia vive in una notevole magione di 400 metri quadri, immersa in un parco di 2'000 metri quadrati. E proprio quello che succede fra le mura di quella villa è recentemente diventato oggetto di un procedimento giudiziario per presunta tratta di esseri umani, usura e aiuto all'entrata e al soggiorno illegali.

Stando all'accusa, da decenni gli Hinduja - i coniugi Prakash e Kamal ma anche il loro figlio Ajay e sua moglie Namrata - da decenni introducono illegalmente persone in Svizzera dall'India, obbligandole a lavorare come domestici in un regime al limite della schiavitù.

Come riportato dal TagesAnzeiger a queste persone, perlopiù donne, dopo l'ingresso con un visto turistico viene sequestrato il passaporto al momento dell'arrivo e vivono in stato di reclusione lavorando dall'alba fino a notte tutti i giorni della settimana. Da fame i salari, versati su di un conto a cui loro non avevano nemmeno accesso.

La fuga, la denuncia e il primo fermo - A denunciare inizialmente la situazione, era stata una domestica che nel 2012 era riuscita a scappare dalla prigionia, presentandosi poi in Polizia.

Nel 2018 scatta l'operazione delle autorità, con una perquisizione a sorpresa della villa da parte della polizia e il fermo temporaneo dell'intera famiglia Hinduja. Il tutto si risolve con un risarcimento di 25'000 franchi alle parti lese. Una cifra, questa, che è stata sufficiente per convincere tre ex-dipendenti a ritirare la denuncia. Altre tre, però hanno deciso invece di non accettare l'accordo extragiudiziale.

Il processo, avviatosi formalmente lo scorso 15 gennaio, inizierà davvero solo ieri (giovedì) dopo che gli avvocati degli Hinduja avevano temporeggiato sostenendo che i capifamiglia - allora a Dubai - erano «impossibilitati a recarsi in Svizzera per motivi di salute».

Secondo il Procuratore pubblico, la famiglia è «recidiva», nel 2007 - infatti - gli imprenditori svizzero-indiani erano già stati condannati a una multa di 10'000 franchi perché i loro dipendenti non erano provvisti dei necessari permessi di soggiorno ed erano sottopagati. Inoltre loro, come datori, non versavano i dovuti contributi.

«Anche i ricchi, come i poveri, hanno diritto a un giusto processo» - Vista questa prima sanzione, una seconda condanna potrebbe verosimilmente essere più pesante. Per questo motivo, riporta Le Temps, la strategia della difesa sembrerebbe essere quella dello stallo e della dilazione.

Se i due capifamiglia, ancora ammalati e a Dubai, alla fine non si sono presentati, gli avvocati hanno nuovamente chiesto di spostare il processo per impossibilità a procedere. In seguito, al "no" del giudice, hanno poi fatto richiesta di ricusare il tribunale in corpore in quanto il procedimento sarebbe frutto di «un chiaro accanimento da parte della Procura».

«I ricchi hanno gli stessi diritti dei poveri a un giusto processo, quello che vediamo qui in aula è una sorta di classismo al contrario», ha chiosato uno degli avvocati del team di difesa degli Hinduja.

I coniugi, entrambi settantenni e con problemi di salute non potrebbero prendere l'aereo: «La loro presenza è essenziale per il processo hanno il diritto di fornire la loro testimonianza e fare chiarezza su quanto successo».

Stando al quotidiano romando, in possesso degli inquirenti ci sarebbero più di 2 milioni di documenti, soprattutto digitali (chat, messaggi e file), che gli avvocati hanno potuto visionare solamente di recente e che - verosimilmente - saranno oggetto di acceso dibattito.

Il processo riprenderà a metà marzo. Al momento è impossibile sapere se gli Hinduja saranno presenti o saranno ancora irreperibili.

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