La Commissione della politica di sicurezza del Nazionale raccomanda però di respingere un’iniziativa presentata dalla consigliera nazionale Lisa Mazzone
BERNA - Le persone condannate tra il 1968 e il 1996 per aver rifiutato di prestare servizio militare non vanno riabilitate, come chiede un'iniziativa parlamentare che la Commissione della politica di sicurezza (CPS-N) raccomanda di respingere con 17 voti a 8.
Secondo il testo dell'iniziativa, inoltrato dalla consigliera nazionale Lisa Mazzone (Verdi/GE), tra il 1968 e il 1996 - anno dell'introduzione del servizio civile - oltre 12 mila svizzeri sono stati condannati a causa della loro obiezione di coscienza, perlopiù al carcere. Molti giovani, secondo Mazzone, «hanno subito discriminazioni, segnatamente a causa del divieto di lavorare, oppure hanno perso il lavoro».
Nel 1967, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa aveva adottato una risoluzione secondo la quale gli Stati erano tenuti, conformemente all'articolo 9 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, ad accordare il diritto all'obiezione di coscienza ai loro cittadini.
Lo stesso anno il Consiglio federale, in virtù di un postulato che chiedeva la creazione di una base costituzionale per l'istituzione di un servizio civile sostitutivo, aveva incaricato un gruppo di lavoro di preparare una revisione totale della Costituzione. Queste due decisioni hanno sancito ufficialmente, secondo l'ecologista ginevrina, «il carattere ingiusto o quantomeno molto discutibile delle condanne per obiezione di coscienza».
In tutti i suoi rapporti annuali tra il 1975 e il 1996, l'organizzazione di difesa dei diritti umani Amnesty International aveva inoltre citato il nostro Paese, esplicitando la propria preoccupazione circa le incarcerazioni degli obiettori di coscienza.
Per la maggioranza della commissione, nell'esame dell'iniziativa occorre da un lato tenere presente la situazione di minaccia e le condizioni politiche di quel periodo. Il diritto penale, precisa una nota odierna dei servizi parlamentari, «corrispondeva a quelli che erano i valori allora predominanti nella società, in base ai quali il rifiuto di prestare servizio militare costituiva un reato», un punto di vista suffragato «anche dal Popolo nel 1977 e nel 1984, quando decise di respingere i progetti per l'introduzione del servizio civile».
Oltre a ciò, «in ragione del fatto che i relativi dati iscritti nei casellari giudiziali sono stati nel frattempo cancellati, la maggioranza reputa che anche qualora le persone interessate venissero riabilitate non ne verrebbe loro alcun vantaggio immediato».
La minoranza della CPS-N, rifacendosi alla risoluzione del Consiglio d'Europa e a un parere del Consiglio federale del 1967, crede invece che le sentenze penali pronunciate a questo proposito dopo il 1967 fino all'introduzione del servizio civile nel 1996 rappresentino una palese ingiustizia morale.
Sarebbe quindi necessario riconoscere il dolore e la stigmatizzazione inflitti, nonché riabilitare le persone interessate, come è stato fatto per i volontari svizzeri in Spagna e per gli svizzeri che hanno salvato rifugiati durante il secondo conflitto mondiale.