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ZUGORisarcimento milionario, Boris Becker vince anche il secondo set

04.12.18 - 14:59
L'ex campione di tennis non dovrà versare gli oltre 10 milioni reclamati da un ex socio in affari. Lo ha stabilito la Corte d'appello.
Keystone
Risarcimento milionario, Boris Becker vince anche il secondo set
L'ex campione di tennis non dovrà versare gli oltre 10 milioni reclamati da un ex socio in affari. Lo ha stabilito la Corte d'appello.

ZUGO - Nuova parziale vittoria per la leggenda tedesca del tennis Boris Becker davanti alla giustizia di Zugo: come già la prima istanza, anche la Corte d'appello ha respinto una richiesta di risarcimento per oltre 10 milioni milioni di franchi di un ex socio in affari.

La sentenza - confermata oggi da una nota della Corte d'appello - non è definitiva: può infatti ancora essere impugnata davanti al Tribunale federale

Boris Becker, che oggi ha 51 anni, ha abitato a lungo a Zugo, ma da alcuni anni ha trasferito il domicilio a Wimbledon, dove lavora come commentatore tv per la Bbc. Da Londra è giunta nell'estate di un anno fa la notizia che un tribunale ha dichiarato Becker insolvente in una vertenza per il rimborso di sei milioni di euro ad alcuni banchieri privati londinesi.

In seguito a quella vertenza si è fatto vivo anche un uomo d'affari di Zugo: Hans-Dieter Cleven, un socio in affari che nel 2004 aveva creato la fondazione Cleven-Becker, ha fatto sapere di aver intentato nel settembre del 2015 un'azione civile per il rimborso di 10 milioni di franchi più interessi.

Per entrambi i tribunali che si sono occupati della vicenda è indiscusso che Cleven abbia concesso all'ex campione diversi prestiti per una somma complessiva di 41,7 milioni di franchi.

Come già aveva fatto un anno fa il Tribunale cantonale, anche la Corte d'appello è tuttavia arrivata alla conclusione che Cleven non è stato in grado di provare l'avvenuta disdetta del prestito e nemmeno l'esistenza di una convenzione di scioglimento. Per questo motivo, il prestito non è esigibile e il ricorso "per il momento" da respingere, scrive la Corte nella nota.

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