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ÖRNSKÖLDSVIKMicrobudget Ambrì, lo sa anche Huras: "Pelletier ha fatto il massimo con i soldi che aveva"

27.10.15 - 12:05
“Kossmann? Bravo, ma dovrà imparare a lavorare con i giovani. A Lugano firmi per essere competitivo. Poi ti dicono: “Non possiamo cambiare venti giocatori”, ed è finita”
Microbudget Ambrì, lo sa anche Huras: "Pelletier ha fatto il massimo con i soldi che aveva"
“Kossmann? Bravo, ma dovrà imparare a lavorare con i giovani. A Lugano firmi per essere competitivo. Poi ti dicono: “Non possiamo cambiare venti giocatori”, ed è finita”
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ÖRNSKÖLDSVIK (Svezia) - Il freddo, quello vero, lì è già arrivato. Il buio, quello lunghissimo, sta per far capolino. A Örnsköldsvik (città della Svezia, 400 km a nord di Stoccolma) in ogni caso, Larry Huras si trova benone. Ha i suoi spazi, i suoi ritmi e, ovviamente… il suo hockey.

Dalla scorsa estate il 60enne coach giramondo è infatti alla guida della squadra locale del MODO. Dopo l’esperienza tedesca con l’Ingolstadt, il canadese sta imparando a conoscere a fondo ghiaccio e disco svedesi. Il suo lavoro per il momento si sta rivelando più duro del previsto (la squadra è penultima in classifica e reduce da cinque sconfitte consecutive) ma lui non ha perso l’ottimismo.

“È una bella sfida - ha sottolineato proprio l’ex allenatore, tra le tante, di Lugano e Ambrì - È vero, è un periodo così, una fase incredibile della stagione, ma noi non demordiamo. Siamo costretti a fare i conti con tanti assenti, i vari Byron Ritchie, Kyle Wilson, Noah Welch, fermi chi per infortunio, chi perché sospeso, chi perché ha un problema con le tasse, e per questo motivo stiamo faticando. Ma la squadra è giovane e sta crescendo. Siamo fiduciosi”.

Rimangono le cinque sconfitte consecutive…
“Quattro però sono arrivate solo con una rete di scarto. Il problema è che non riusciamo, per ora almeno, a rimanere concentrati e ad andare a tutta velocità per 60’. Facciamo bene per 50’ e poi in 10’ di “buco” commettiamo errori banali. Prendiamo gol incredibili. Dobbiamo però tenere duro. Quando ritroveremo qualche giocatore e quando anche Patrick Dwire, il nuovo straniero, comincerà a lasciare il segno - da lui ci attendiamo molto - allora cominceremo di sicuro a fare risultati”.

Le rivali paiono davvero attrezzate…
“Frolunda, Skelleftea e Farjestads sono le più pericolose. Giocano davvero bene”.

Sarebbero competitive anche in Svizzera?
“Certo, anche se qui l’hockey è molto diverso dal vostro. Il livello è molto alto, il gioco è molto rapido e le squadre sono ricche di talento e organizzatissime. La fase difensiva, poi, è curatissima”.

In tutto ciò il MODO che ruolo gioca?
“Il club è reduce da anni difficili e da qualche ultimo posto in campionato. La squadra che mi è stata affidata è molto giovane. Sto lavorando affinché possa crescere. Possa imparare a vincere. Il GM del club pare soddisfatto del mio lavoro. Sta apprezzando i miglioramenti e… ha pazienza”.

Già, la pazienza. Ai coach, spesso, questo termine fa venire l’orticaria. In Ticino ne sappiamo qualcosa: sai di Fischer e Pelletier esonerati negli ultimi giorni?
“Ho sentito. Due licenziamenti in così poco tempo. È incredibile. Ma fa parte del gioco. Pur se professionisti non abbiamo la possibilità di controllare tutto quel che accade”.

Ti sei fatto un’idea di quel che è successo ad Ambrì e Lugano?
“Secondo me Serge ha fatto un ottimo lavoro in Leventina. Si è mosso con un budget limitato ma nonostante ciò ha ottenuto buoni risultati. Non si è limitato a mantenere il club in LNA”.

Perché il cambio, dunque?
“Perché gli ultimi risultati non l’hanno premiato. A volte basta un particolare. La differenza tra un successo e una sconfitta spesso è molto piccola”.

Alla Valascia è arrivato il tuo ex assistant coach Kossmann.
“Persona molto seria. Gran lavoratore con un’ottima conoscenza dell’hockey svizzero. Questo Ambrì è diverso dal suo Friborgo. È più giovane e offensivamente meno dotato”.

Gli toccherà un duro lavoro.
“Dovrà far migliorare difensivamente la squadra e imparare a lavorare con i più giovani. Sarà per lui una bella sfida. Ma gli piacerà. Anzi, sono convinto che Hans e la moglie apprezzeranno tutto del Ticino e della Leventina, non solo l’hockey”.

Per quanto riguarda il Lugano, invece?
“Fischi ha lavorato con me un anno e mezzo e poi per altre due stagioni e mezzo ha avuto la possibilità di guidare i bianconeri. Ha avuto tempo ma forse non gli hanno concesso la possibilità di finire quel che aveva cominciato”.

Il solito discorso della pazienza?
“A Lugano, come d’altronde a Berna, Zurigo e Zugo, gli obiettivi sono “alti”. Se con la squadra non sei nella top-4, top-6, cominciano i mugugni. E rischi. Gli sponsor, i tifosi, la dirigenza... la pressione si fa sentire e la tua panchina comincia a traballare”.

Sono abituati bene?
“Sono giustamente condizionati dal passato. Dai titoli e dal bel gioco. Questo li spinge a chiedere sempre di più. A desiderare che la loro squadra vinca. Ma l’allenatore di turno sa già, al momento della firma, che sarà così. Firmi per essere competitivo. Se non ci riesci non c’è contratto che tenga: ti esonerano. “Non possiamo cambiare venti giocatori”, ti dicono, ed è finita”.

A Lugano è comprensibile, il budget è alto.
“E con esso aumenta la pressione. Ma non ovunque è così: prendete, come esempio, il Davos. A Del Curto hanno dato la possibilità di lavorare, l’hanno sostenuto anche nelle annate meno positive. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti”.

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