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PeopleEpilessia: esperti - 500 mila malati in Italia, aumentano gli anziani

22.02.08 - 20:30
Epilessia: esperti - 500 mila malati in Italia, aumentano gli anziani

Roma, 22 feb. (Adnkronos Salute) - Sono quasi mezzo milione gli italiani con epilessia e 25 mila i nuovi casi ogni anno, eppure nel nostro Paese la malattia rimane "sommersa e piena di pregiudizi". A lanciare l'allarme, oggi a Roma, sono gli esperti riuniti al Congresso 'I-Kare2008: la gestione del paziente con epilessia di nuova diagnosi'. Neurologi e farmacologi avvertono che l'incidenza della malattia sta aumentando specialmente tra gli anziani. L'epilessia colpisce 50 milioni di persone in tutto il mondo, e per indice di prevalenza rappresenta la terza patologia dopo i disturbi cardiovascolari e i deficit intellettivi-sensoriali. Comunque positivi i progressi fatti dalla ricerca, sottolinea Emilio Perucca, farmacologo all'università di Pavia. "Il 70% dei malati epilettici - spiega - è oggi curato con farmaci che permettono un controllo completo della crisi e un ritorno alla vita normale. Venti anni fa avevamo pochi farmaci, oggi almeno 15".

Le fasce maggiormente a rischio sono i bambini e gli anziani, con questi ultimi in aumento rispetto al passato. "Cresce la sopravvivenza - sottolinea l'esperto - e gli anziani risentono maggiormente di questi disturbi". La malattia colpisce indistintamente uomini e donne, ma anche le pazienti in gravidanza possono essere assistite in modo adeguato. "Non ci sono problemi particolari per le donne incinte malate di epilessia - conclude Maria Paola Canevini, neurologa all'Azienda ospedaliera San Paolo di Milano - l'importante è programmare la gravidanza e abbassare le dosi del farmaco". L'invito di Luigi Maria Specchio, neurologo dell'università degli Studi di Foggia, è invece rivolto ai pazienti. "Non si devono vergognare della malattia - sottolinea - è sbagliato avere dei sensi di colpa nei confronti della famiglia". Un invito esteso anche all'opinione pubblica, spesso 'impaurita' da questi pazienti. "L'epilettico - conclude - è un malato come gli altri e non va visto come un paziente di serie B".

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