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ITALIA«Mahmood è bravo, ma della sua canzone a Sanremo non si capiva un’acca»

15.03.24 - 11:00
Drupi si racconta e spiega che le hit italiane di oggi non riescono a emozionarlo
IMAGO / ZUMA Wire
«Mahmood è bravo, ma della sua canzone a Sanremo non si capiva un’acca»
Drupi si racconta e spiega che le hit italiane di oggi non riescono a emozionarlo

MILANO - Drupi a ruota libera in una lunga intervista al Corriere della Sera. Il cantautore italiano, all'anagrafe Giampiero Anelli, può vantare una carriera con oltre 30 album pubblicati e un successo a tratti travolgente. «Non potevo più uscire per strada, mi inseguivano dovunque. Anche i paparazzi. Uno si appostò fuori dall’asilo di mio figlio, la maestra mi chiamò preoccupata che fosse un rapitore». Ma anche fan partiti in pullman dalla Polonia «per venire a vedere il giardino di casa mia». E ancora: «A un semaforo il tizio davanti a me inchiodò di colpo, saltò giù e mi chiese l’autografo».

Gli esordi come imitatore dei Beatles col primo gruppo, Le Calamite, mentre di giorno si manteneva come idraulico. Il tour con Dalla («Facevo l’attrezzista del suo bassista, amico mio»), il primo Sanremo con "Vado via", andato malissimo («Quando alla Ricordi videro la classifica finale ci fecero un mazzo tanto. Ma poi sei mesi dopo ho avuto la mia rivincita: 9 milioni di dischi venduti, è stata cantata in 26 versioni, pure dagli Abba»).

Al quotidiano italiano ricorda le esperienze con Julio Iglesias a Parigi («Girava nudo con indosso solo l’accappatoio e ogni volta che incrociava qualche vecchia americana lo apriva di scatto gridando “Ole!”. Io ero con lui e mi vergognavo come un cane») e con Paul McCartney, che prima lo ignorò e poi, vent'anni dopo, gli scrisse la dedica "Al quinto Beatle". «Mi sa che lo faceva con tutti».

Drupi appare raramente in televisione. «Una mia scelta, ho detto di no tante volte, alla fine non ti chiamano più. Vado se c’è da suonare e da parlare di musica. All’Isola dei Famosi prenderei tanti pesci ma perderei la mia dignità per sempre, tutto il giorno in mutandoni a raccontarsi stronzate, giusto se mi pagassero 3 milioni». E non sembra essere un grande fan della musica italiana contemporanea. Salva Gabbani, mentre quelli che dominano le classifiche li considera «prodotti ben fatti, però musicalmente non mi dicono nulla. Mahmood è bravo, ma della sua canzone a Sanremo non si capiva un’acca. Ho pensato: “Che audio del menga”. L’ho scaricata e sono rimasto come prima. Le canzoni di Annalisa sono quattro accordi in croce che non mi emozionano. Massimo rispetto, eh. Le ballate di Vasco Rossi invece ti toccano il cuore. I testi di Gino Paoli: semplici, chiari».

Infine l’aneddoto sulla foltissima chioma, che non taglia dall'infanzia. «Forse l’ultima volta avrò avuto dieci anni. Il nonno, che aveva fatto la guerra, mi raccontava dei tedeschi, scarponi pesanti e capelli rasati, il taglio corto per me divenne sinonimo di cattiveria. Non li curo troppo, crescono come la gramigna».

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