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Angelina Jolie e Ricky Martin? «I nuovi santi»

CANTONEAngelina Jolie e Ricky Martin? «I nuovi santi»

16.02.24 - 06:30
"Totem Crush" è il nuovo progetto di Tatum Rush: è un Ep, ma anche molto di più
ALBERTO RUBINO
Angelina Jolie e Ricky Martin? «I nuovi santi»
"Totem Crush" è il nuovo progetto di Tatum Rush: è un Ep, ma anche molto di più

LUGANO - Se seguite Tatum Rush sui social, specialmente su Instagram, nelle scorse settimane avrete senz'altro visto dei video di lui che si aggira all'interno di quella che appare una villa e che solo in un secondo momento scopriamo essere la casa di vacanza di Angelina Jolie.

È "Totem Crush", il nuovo Ep di Tatum Rush ma anche molto di più: un progetto che dall'ambito sonoro ha sconfinato in quello visuale, fino all'allestimento di una vera e propria mostra a Milano, alla fine del mese di gennaio. I due brani fanno riferimento a star assolute: "Angelina Jolie" e "Ricky Martin".

Come nasce tutto questo?
«La mia etichetta (Undamento, ndr) mi dice: "La tua musica è abbastanza originale rispetto a quello che c'è in giro e necessita un tipo di comunicazione altrettanto originale". L'ho presa come una sfida e ho cominciato a pensare a come sviluppare uno storytelling diverso dal solito. Nel frattempo, parlando con amici artisti, mi è venuta voglia di rispolverare il mio passato nell'arte visiva e gli studi di belle arti a Ginevra».

Così hai deciso di creare quei contenuti social.
«Non faccio menzione della musica per tutta la durata di questa anticipazione. Anche con la voglia di creare un po' di confusione e prendendo in giro alcuni linguaggi dell'arte contemporanea e di grandi gallerie».

Ma poi sembra che tu ci abbia preso gusto...
«Ho cominciato a divertirmi in questo spazio, creando le prime opere e gradualmente la finzione è diventata realtà. Alla fine stavo facendo della vera arte contemporanea e ho organizzato un vero e proprio vernissage».

Hai creato un "mostro" artistico, come un novello Frankenstein...
«Esatto, mi è scappato di mano (ride, ndr). È diventato qualcosa di satirico e reale allo stesso tempo. Alla mostra a Milano hanno partecipato artisti serissimi come Lisa Lurati, Riccardo Lisi, Patty Wong - con opere rispettabilissime».

Cosa hanno rappresentato i brani dell'Ep?
«Sono il completamento di questo progetto artistico a 360 gradi, sia visivo che concettuale che musicale. Devo dire che non sono mai stato così soddisfatto: mi ha permesso di riavvicinarmi al mondo dell'arte visiva. E ho l'impressione che chi mi segue da vicino sia molto felice di poter vivere questo ponte tra i due mondi artistici».

Angelina Jolie e Ricky Martin: cosa rappresentano?
«Nelle mie canzoni ho sempre citato personaggi che considero delle icone contemporanee, che appartengono all'immaginario collettivo. Sono di tutti, come fossero i nuovi santi. Ovviamente li tratto con un briciolo di sarcasmo. Li prendo come pretesti per parlare di cose universali, come avevo già fatto con George Clooney e Carla Bruni. È un po' il mio marchio di fabbrica: partire dai protagonisti del gossip e trasformarli, mettendoli in uno spazio più poetico».

È una sorta di applicazione della pop art alla musica?
«Hai detto benissimo. Esattamente come Andy Warhol trattava gli idoli della sua epoca, io in qualche modo uso lo stesso linguaggio. Magari non in modo altrettanto cosciente, ma è grazie a lui che sono nate queste opere».

In effetti quest'influenza si nota parecchio.
«In "Angelina Jolie" ci sono dei micro-riferimenti, anche un po' nascosti. Cito "Tomb Raider", il videogioco che ha portato al cinema e che fa parte oggi della "mitologia" della diva».

Ci sono poi il sud della Francia, il castello che aveva acquistato all'epoca dei Brangelina, il vino...
«Lo stesso vale per "Ricky Martin": è strapieno di riferimenti pop, è puramente neo-mitologico. Poi c'è il tentativo di creare tensioni culturali ed estetiche, come quando cito nella stessa frase Martin e il Berghain. I frequentatori di quella discoteca di Berlino sono dei puristi della techno e non ascolterebbero mai Martin... Ma il farli cozzare nel brano crea una sorta di scintilla».

Cosa raccontano di te, musicalmente?
«"Ricky Martin" è la mia vena più ballabile: quasi elettronica, cassa dritta, meno organica e più da club. Mentre "Angelina Jolie" è quasi un omaggio a una scrittura più cantautorale. Mi sono azzardato a mettere un solo di chitarra e a proporre arrangiamenti di fiati suonati da veri strumentisti. Ci sono sia dei riferimenti alla musica esotica degli anni Cinquanta che una riconnessione al mio passato jazz».

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