Cerca e trova immobili

LUGANO«Comicità e ironia vanno contro il politicamente corretto»

16.01.24 - 06:30
Il comico e musicista Francesco Cicchella arriva al Palazzo dei Congressi con "BiS!", spettacolo che mostra tutta la sua poliedricità
IMAGO / Independent Photo Agency Int.
«Comicità e ironia vanno contro il politicamente corretto»
Il comico e musicista Francesco Cicchella arriva al Palazzo dei Congressi con "BiS!", spettacolo che mostra tutta la sua poliedricità

LUGANO - Mercoledì 17 gennaio Francesco Cicchella porta in scena "BiS!" al Palazzo dei Congressi di Lugano. Per il comico e cantante napoletano sarà l'occasione di mostrare al pubblico la sua poliedricità. Lo abbiamo intervistato.

Ti muovi tra comicità, musica e imitazioni: tra queste anime ce n'è una più radicata delle altre?
«Diciamo che, ai fini della mia carriera, forse ho lasciato che l'animo del comico prevalesse. Quindi poi ho incanalato tutto il mio bagaglio artistico al servizio della risata. Però sul palco viene fuori anche il Francesco cantante, musicista e perfino il Francesco ballerino. Anche se non ho mai studiato danza, ho delle attitudini al ballo e cerco di essere un artista a 360 gradi».

Cosa hai trovato nella comicità?
«Ho capito che mi consentiva di essere autore di me stesso, di proporre quello che più mi aggrada. Ciò mi ha aperto la mente e mi ha fatto capire come canalizzare tutte le mie attitudini al servizio del Francesco comico».

A proposito di comicità: hanno ragione quei tuoi colleghi (da ultimo Corrado Guzzanti) che affermano che il politicamente corretto sta uccidendo la comicità?
«Sono pienamente d'accordo con loro. Penso che la comicità e l'ironia vadano di per sé contro il politicamente corretto. L'ironia è fatta per provocare, per esorcizzare, per andare oltre le barriere. Chiaramente non vuol dire offendere - e credo che il problema di oggi sia che molto spesso si confonde l'ironia con l'offesa. Non si distingue l'argomento della battuta con il suo bersaglio».

Cosa bisognerebbe fare?
«Bisognerebbe andare oltre le parole e capire che messaggio c'è dietro. Tutto sembra essere sfuggito un po' di mano: anziché tutelare i diritti si sta sfociando sempre più in una censura, che va a ledere la libertà di pensiero».

Quella dell'imitatore è un'arte antica: quali sono le regole da tenere sempre a mente per calarsi al meglio nel personaggio?
«Non credo ci siano delle vere e proprie regole: ci sono vari approcci all'imitazione. Per esempio io non mi definisco un imitatore, perché il lavoro che faccio va un po' oltre l'imitazione. Li definisco un po' dei ritratti: costruisco delle parodie dei personaggi, a cui do un'anima e una psicologia che, in parte, affonda le radici in una visione più o meno realistica che io ho di quel personaggio. In realtà queste parodie hanno quasi una vita parallela, una vita propria. Mi approccio con la volontà di risultare, sul palco credibile nei panni di quel personaggio, ma allo stesso tempo mi fa piacere che venga alla luce una parte di me. Preferisco prendere un po' le distanze, per far sì che la mia personalità possa venire fuori».

Durante la finale di "Amici" imitavi Ultimo e lui si collegò in diretta, elogiando la tua performance. Hai ricevuto sempre reazioni positive dai diretti interessati o qualcuno si è lamentato?
«Nessuno, che io sappia. Ho avuto riscontri da quasi tutti gli artisti che ho riproposto e mi hanno sempre detto che si sono tanto divertiti, mi hanno sempre fatto molti complimenti e con alcuni la parodia è stato proprio il pretesto per conoscersi e per dare vita poi a un'amicizia o comunque a un rapporto di conoscenza e di stima. È il caso di Gigi D'Alessio e di Massimo Ranieri, che mi hanno voluto conoscere proprio in occasione della presa visione della parodia. Hanno riconosciuto che, in fondo, è un omaggio, ironico ma garbato, che certifica l'assoluto successo di chi viene parodiato».

Nel 2015 sei stato ospite al Festival di Sanremo: che ricordo hai di quell'esperienza?
«È successo tutto molto all'improvviso: ho saputo di questa partecipazione solo una settimana prima del Festival. Ero molto giovane, 25 o 26 anni e abbastanza inesperto. Era nell'ambito di uno sketch che rientrava in un tormentone che c'era in quel festival, che era praticamente "tutti quanti cantano Sanremo". Per cui avevamo pensato a questa cosa: che anche Michael Bublé poi alla fine potesse cantare Sanremo. Ero un po' protetto dall'essere nei panni del personaggio, non sentivo la pressione che hanno subito altri comici».

Cosa si prova all'Ariston?
«È un palco che ti dà la sensazione di essere parte di un qualcosa di enorme e ti fa avvertire a responsabilità di quello che stai portando in scena. È un contesto nel quale si è sempre alla ricerca della critica, della polemica e piccoli errori - che in altri contesti sarebbero passati inosservati - vengono ingigantiti. In parte ho avvertito questa pressione, ma tutto è sparito nel momento in cui sono entrato in scena e ho sentito qualcuno (non ho idea di chi sia) che dal pubblico ha gridato "Grande Francesco". Mi ha fatto sentire a casa, ha completato l'operazione di rilassamento. Alla fine me la sono goduta e mi sono divertito».

In "BiS!" proponi i tuoi cavalli di battaglia ma anche performance completamente inedite. Puoi anticiparci qualcosa?
«C'è molto del Francesco "smascherato": mi piace che il pubblico che viene a teatro possa conoscere meglio chi sono, al di là dei personaggi. Quindi tanti monologhi, tanti pezzi in cui parlo di me - e questo mio raccontare diventa ovviamente un numero comico. C'è poi anche il Francesco prettamente cantante, nel quale mi concedo totalmente alla musica. Insomma, dò modo di viaggiare molto oltre ai personaggi che il pubblico ha visto in tv».

Entra nel canale WhatsApp di Ticinonline.
COMMENTI
 
NOTIZIE PIÙ LETTE