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CANTONEVecchioni: «Ecco come ho fatto a convincere Guccini a cantare con me».

01.10.19 - 06:01
Il cantautore brianzolo il 7 novembre sarà al Palazzo dei Congressi col nuovo album e i suoi grandi successi: «Prima o poi salterà fuori un nuovo De André o un Dalla»
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Vecchioni: «Ecco come ho fatto a convincere Guccini a cantare con me».
Il cantautore brianzolo il 7 novembre sarà al Palazzo dei Congressi col nuovo album e i suoi grandi successi: «Prima o poi salterà fuori un nuovo De André o un Dalla»

LUGANO - Un album che anche un po' un manifesto quello che Roberto Vecchioni porterà, assieme ai suoi più grandi successi, al Palazzo dei Congressi di Lugano il 7 novembre prossimo. "Infinito" - prodotto da Danilo Mancuso per DME e distribuito da Artist First - e arrivato 5 anni dopo il precedente "Io non appartengo più" è un disco ma anche «una canzone divisa in 12 momenti», come ci ha raccontato il cantautore brianzolo.

Un album da "ascoltare tutto" in un'era di musica fast-food fatta di playlist, di singoli in streaming e di ep. Come mai?

È una scelta totale, non generazionale. Io penso che ogni espressione d’arte debba avere la forma che le compete, quella d’origine. Un quadro non c’entra niente con la foto di un quadro, un film non corrisponde ai trailer. L’Infinito è un concept album e va ascoltato per intero, non frazionato.

È stato facile convincere Francesco Guccini dal suo "eremo pavanese"? Come lo ha convinto? È stata la forza della canzone o del messaggio?

Non è stato facile. Il merito è tutto del disco. Quando lo ha ascoltato mi ha abbracciato: «Non se ne fanno più così», mi ha detto. Però mica si è mosso da Pavana, siamo andati noi da lui e abbiamo registrato la sua voce nella sua cucina.

Nel disco sono molti i richiami, sonori e non solo, agli anni '70. Come mai è stata un era d'oro per le canzoni, cosa è cambiato? È cambiata la musica, la gente o... tutti e due?

Cambia il mondo, cambia la comunicazione, domina la fretta, l’imitazione del bello, l’effetto si sovrappone al concetto, le storie si squagliano in paradossi verbali, l’emozione si riduce spesso a “coup de théâtre”. Io sono tuttora convinto che i brani degli anni ’70 siano universali.

Al di là di trap, hip-hop ed elettronica su YouTube tanti ragazzi cantano e suonano la chitarra acustica, fanno cover o altre canzoni loro. Come vede il futuro del cantautorato? Tutto è perduto oppure c'è speranza?

No, c’è molta vita intorno, anche trap e rap contano, esprimono, in alcuni casi. Mancano la varietà di temi, una passabile cultura letteraria e il senso delle proporzioni. Il cantautorato, come lo intendo io, è vivo però. Prima o poi spunterà fuori qualcuno con la sensibilità di un De André o di un Dalla.

C'è qualcuno, fra i giovani italiani, con cui le piacerebbe collaborare? 

Sì, ma non faccio nomi. Sembrerà curioso ma mi piacerebbe lavorare con chi è più lontano dal mio modo di scrivere.

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