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CANTONE«Quella volta che James Brown si arrabbiò con me…»

26.06.18 - 06:01
In cartellone questa sera a JazzAscona il primo dei cinque appuntamenti con il batterista Bernard "Pretty" Purdie (77 anni), che si esibirà sullo Stage Elvezia alle 22.30 con la Roy Bennet Band
JazzAscona
«Quella volta che James Brown si arrabbiò con me…»
In cartellone questa sera a JazzAscona il primo dei cinque appuntamenti con il batterista Bernard "Pretty" Purdie (77 anni), che si esibirà sullo Stage Elvezia alle 22.30 con la Roy Bennet Band

Ha suonato con molte leggende del jazz, del soul e del funk come Miles Davis, Louis Armstrong, Aretha Franklin e James Brown, contribuendo persino a migliorare le prime registrazioni dei Beatles. Nel corso della manifestazione, tra l'altro, sarà premiato con l’Ascona Jazz Award 2018. 

Mr. Purdie, si esibirà per la terza volta ad Ascona. Conserva dei ricordi speciali?

«Ci siamo sempre divertiti molto e il nostro soggiorno all’Hotel Ascona, del quale ricevo ancora ogni Natale un bel calendario, è stato eccellente».

Lei è un un musicista molto versatile. Cosa dovrà aspettarsi il pubblico questa volta?

«Tanto soul, r&b e un po’ di funk! (ride). La band è affiatata e abbiamo un ampio repertorio».

Durante la manifestazione sarà insignito dell'Ascona Jazz Award. Cosa significa per lei un simile premio?

«Fa piacere sapere che le persone apprezzano ancora quello che faccio. Ma soprattutto sono grato di poter continuare a fare ciò che amo. Alla mia età mi godo la vita addirittura più di prima e suono maggiormente dal vivo. Quest’anno mi esibirò in una dozzina di Paesi».

La infastidisce che una persona come lei non abbia mai ricevuto un Grammy?

«Penso che sia un peccato, ma sono consapevole del fatto che alcuni artisti sono trascurati per motivi sui quali preferirei non dilungarmi. Mi sono ormai lasciato alle spalle il periodo in cui mi sentivo "offuscato" per cose del genere».

Dipende forse dal fatto che l’importanza del batterista è spesso sottovalutata?

«Sì, è vero. Ma amo comunque il mio lavoro e la mia posizione. Come batterista mi metto al servizio della band. Il mio compito è quello di dare a ciascun musicista ciò di cui ha bisogno per poter brillare. E solo ogni tanto mi ritaglio uno spazio per mostrare ciò che so fare come solista. Così mi è stato insegnato. Ed è così che nel corso della mia carriera ho collaborato con oltre 2500 musicisti».

Lei è l‘undicesimo di quindici fratelli e sorelle. Eravate una “Big Band” a casa?

«No, sei dei miei fratelli e sorelle non li ho nemmeno conosciuti. Ho iniziato a suonare la batteria da solo a tre anni sulle pentole e le padelle di mia mamma! Tre anni dopo, lei ne comprò delle altre e mi disse: "Ora queste sono le mie, quelle ammaccate puoi tenertele!"».

Ha imparato tutto da solo?

«Mia madre non aveva i soldi per pagare un insegnante di batteria, ma fortunatamente ce ne era uno proprio dietro l’angolo. Non mi restò altra scelta che starmene seduto a guardare e ascoltare mentre insegnava agli altri allievi».

Alcuni scrivono che lei è nato nel 1939, altri nel 1941. Qual è la verità?

«Ho solo 77 anni! (ride). Le informazioni contraddittorie sono legate al fatto che nel 1961, quando andai a New York, dovevo avere almeno 21 anni per ottenere il permesso di esibirmi nei locali notturni. Il vicepresidente del sindacato degli artisti mi accompagnò all’ufficio preposto e prese parola per me, dichiarando che avevo già 22 anni».

Negli anni ’70 ha lavorato per molto tempo con Aretha Franklin. Cosa rende Aretha così speciale?  

«La sua voce, il suo stile interpretativo, il suo pianoforte: questa donna è unica sotto ogni aspetto. Aretha ha un’attitudine aperta e positiva. Insomma: fa quello che deve fare, ma si attiene alle regole o, ancora meglio, cambia le regole in modo da poter fare quello che le va. Più o meno è questa la sua logica».

Al fianco di personaggi difficili come James Brown e Miles Davis, quali esperienze ha vissuto?

«James Brown era molto perfezionista. Nonostante ciò, commise degli errori, ma quello che non fece mai fu riconoscere i propri sbagli. Preferiva riversare la propria rabbia sui musicisti: una volta lo fece anche con me. Mi riprese sul palco e mi diede una sanzione di 25 dollari, che corrispondeva a un quinto delle mie entrate. Mi sono difeso, avvertendolo che me ne sarei andato entro due settimane se non l’avesse ritirata, ma lui insistette. Quando due settimane più tardi presi la batteria e scesi dal bus con cui giravamo in tour, cadde letteralmente dalle nuvole...».

È vero che con Tony Sheridan ha rielaborato le registrazioni dei Beatles ad Amburgo per il mercato americano?

«Ho sistemato 21 brani per conto della loro casa discografica senza sapere da quale band o studio provenissero. Ho semplicemente fatto il lavoro che avevo imparato nel corso di tre anni da Les Paul, l’inventore della registrazione multitraccia. Più tardi mi hanno spesso minacciato perché i fan credevano non fosse possibile che un musicista dalla pelle nera avesse davvero migliorato le registrazioni dei loro idoli. Sono stato così inserito momentaneamente in una lista nera perché lo avevo rivelato. Ecco perché non ne parlo più in realtà...».

Da dove deriva il soprannome “Pretty”?

«All’inizio della mia carriera molti non riuscivano a pronunciare il mio cognome e quindi mi chiamavano Bernard Pretty! (Ride)».

 

 

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