Lo studio di Credit Suisse non lascia margini al dubbio: le macchine sono molto più convenienti dell'uomo. Specie nell'industria automobilistica
LUGANO - Non domandate poi perché vi ruberanno il posto di lavoro. Guardate i numeri: sono loro che convincono. Perché l'efficienza, l'infallibilità presunta che si attribuisce a una macchina, alla fine sono cose su cui si riesce anche a soprassedere. Ma sul denaro no. Come competere dunque con un robot che, nel peggiore dei casi, non costa neanche 4,45 franchi all'ora? E, nell'industria automobilistica, non arriva ai 2?
Più di 45 miliardi di investimenti - Dubbi – e/o provocazioni – che oggi pone il nuovo studio di Credit Suisse, da mesi impegnata nell'esaminare e nel predire in che maniera le macchine stravolgeranno il mercato e con quali conseguenze per l'uomo. Registrando come la diffidenza di chi, per esempio in sala operatoria, non abbia alcuna voglia di lasciarsi mettere le mani addosso da un robot sia ormai superata. Così, se è vero che gli investimenti in tal senso cresceranno da 2,8 (anno 2015) a 16 miliardi (2020) nell'agricoltura, da 12 a 18,5 nell'industria e da 2,3 a 10,4 nelle case, non resta che fare qualche calcolo aggiuntivo.
Quel pc che oggi costerebbe oltre mezzo milione - Pure semplice, alla fin fine: come sommare il prezzo d'acquisto alle spese per il consumo di energia e dividerlo per il numero di ore lavorate nell'arco di 10-15 anni, aspettativa media di “vita”, o durata che chiamar si preferisca, di una machina. Ebbene: ne esce che soltanto qualche decennio fa i computer non avrebbero avuto alcuna possibilità di sfondare e sostituire l'uomo, onerosi com'erano. Negli anni '70, un HP 3000 si pagava 95¦000 dollari, pari a 541¦000 attuali, prezzo aggiornato all'inflazione.
Quasi 2 miliardi di dispositivi nel mondo - Oggi, invece, si va dai 540 $ di un pc ai 690 di un laptop cifra media. Tanto che nel mondo, nel 2015, si contavano 114 milioni di computer fissi, 163 milioni di notebook, 208 di tablet e ben 1,4 miliardi di smartphone. Un decremento nei prezzi inversamente proporzionale alle performance e ai campi di applicazione, cresciuti assieme alla popolarità e accessibilità da parte delle masse.
Un robot industriale? Supera ancora i 100mila franchi - Nelle aziende, beninteso, i costi d'ingresso sono ben più elevati: un robot di saldatura punti, fra i più cari, poteva arrivare fino a 182mila dollari nel 2005, scesi a 132mila nel 2013 e in procinto di calare ancora, a 103mila nel 2025. Calcolato un investimento ipotetico di 150mila dollari, due turni da otto ore di lavoro per 5 giorni su 7, 50 settimane e 10 anni, più 0,75 dollari di costi energetici per ciascuna delle 40mila ore che così risulterebbero, un robot di medie dimensioni capace di spostare 100 kg fa comunque appena 4,50 dollari l'ora.
Però non si stanca mai: e fanno 120mila ore di lavoro - Quanto alle catene di montaggio per l'assemblaggio delle automobili, dove le ore sono 120.960 (24 ore su 24, 7 giorni su 7, 48 settimane e 15 anni) e i costi 90.720 dollari, si arriva a 1,99 dollari all'ora. Senza contare la produttività, che un robot industriale si stima incrementerebbe del 5% ogni anno. Il tutto in una realtà dove il costo del lavoro cresce e la qualità diminuisce, specie nei Paesi emergenti.
L'inflazione delle paghe: raddoppiate in 3 anni - La Cina, riflette Gordon Orr per McKinsey Asia, è un ottimo esempio di inflazione delle paghe dei lavoratori non qualificati: in tre anni, il salario minimo è raddoppiato. Ma il vero problema è un altro, riflettono gli analisti di Credit Suisse: l'uomo è stufo di lavorare in fabbrica.
La fabbrica? «Non la vuole più nessuno» - «Le giovani generazioni non ne vogliono sapere - conferma al Financial Times Terry Gou, fondatore di Foxconn, multinazionale di Taiwan che produce componenti elettrici - Vogliono trovare occupazione nel mondo dei servizi e di internet e svolgere attività più rilassanti». Quale modo migliore pe rimpiazzarli? Oggi i robot sono 66 ogni 10mila persone: con picchi di 478 in Giappone, dove giusto in questi giorni hanno cominciato a operare nel principale aeroporto di Tokyo. Accolgono i turisti, chiedono loro se hanno bisogno di una mano: in senso letterale e figurato.