Il racconto di Nicola, trasferitosi nella Svizzera tedesca: «Vorrei tornare a "casa" ma non posso». Dal 2011 al 2015 persi 24 grossi contribuenti e oltre un miliardo di franchi
LUGANO - Lui, dal Ticino, alla fine è fuggito. Anzi, più o meno all'inizio. Non c'è rimasto a lungo, qui; dove pure, giura, avrebbe voluto fare crescere la propria azienda, di quelle che stanno nei settori oggi cosiddetti all'avanguardia nei mercati innovativi. «Non ho potuto, non me l'hanno permesso», racconta. Quarant'anni, nel 2014 s'è trasferito nella Svizzera di lingua tedesca con tutta la famiglia, moglie e tre bambini, ma è da qualche anno in più che ha spostato residenza personale e sede operativa. «Ho ancora un ufficio a Lugano, ma sono dovuto andare via. Non solo per ragioni legate al mio business: con le tasse che ci sono, in Ticino non avrei saputo vivere».
«Il Ticino aiuti anche noi, non solo chi viene da fuori» - Nicola, nome di fantasia. «Sono nato e cresciuto lì, mi conoscono tutti - si giustifica per telefono - preferisco l'anonimato». Ragiona sul suo caso e lo rende universale. «Le aziende di successo in Ticino sono poche: vogliamo chiederci perché?». Dice che «ci tornerei domani, è casa mia, se solo ci fossero le condizioni». Se il prelievo fiscale venisse anche solo ridotto; non certo abbassato ai livelli di Nidvaldo, il cantone più conveniente di tutta la Svizzera per chi fa impresa. «In Ticino invece non puoi farla, se sei ticinese. Noi lavoriamo nel mondo e saremmo ben felici di aiutare il Ticino, ma il Ticino deve aiutare noi, non solo le aziende estere che hanno intenzione di insediarsi».
160mila franchi di guadagno, 145mila di tasse - Nessun trattamento di favore, nessuna pretesa; solo un po' più di buon senso, finalmente. Spiega con un esempio: «Mettiamo il caso di un imprenditore che detiene 100% del capitale della sua start up di successo, al quinto anno di esistenza, non quotata in borsa, capitale sociale 100mila franchi. Utile di due milioni e mezzo negli ultimi due anni. Nella dichiarazione di imposta, deve indicare tutto, comprese le azioni della società, il suo "valore fiscale". Il patrimonio personale della persona privata arriva così, grazie a un complesso calcolo, a 15 milioni. Ebbene, con le aliquote che ci sono in Ticino l'imprenditore, che vanta un ottimo salario da 160mila franchi l'anno, si trova a dover pagare 40mila franchi di imposte sul reddito, e va bene perché ne ha guadagnati 160mila. Ma poi dovrebbe sborsarne altri 1005mila di patrimoniale, sommando il 3,5 per mille a livello cantonale e il 3,5 per mille in un comune con moltiplicatore al 100%. Fanno 145mila franchi di imposte, per un reddito da 160mila. Come si fa?».
«Pensare che potremmo essere una Silicon Valley» - Un problema tutto, o soprattutto, del Ticino, dove le aliquote fanno lievitare cifre che, altrove, si dimezzerebbero e anche di più: «Ecco, questo è il problema. Non si può fare azienda in Ticino perché noi imprenditori non possiamo viverci. A meno che le nostre aziende si barcamenino fra la vita e la morte, nella mediocrità. Allora va bene. Ma la Silicon Valley non deve esistere solo là, in America. Potrebbe essere anche qui. A queste condizioni, però, aziende di successo non ce ne saranno mai. Io avrò pagato già due milioni di tasse. Ho portato ricchezza in Svizzera. Ma ho dovuto lasciare la mia famiglia, i miei amici, la mia terra. L'ho scelto io? No, sono stato costretto. Io sono felice di pagare, se ho i soldi. Ma le azioni non sono uno strumento finanziario. Servono a pianificare un'attività, a dirigerla. Non sono una ricchezza di cui disponi. La ricchezza, per un'impresa, non è qualcosa di statico: si usa per lavorare».
L'altro enorme cruccio, la viabilità. «Ci tagliamo fuori dal mondo» - Davanti a questo, sfigura anche «l'altro grosso problema del Ticino: la viabilità. La paralisi sulle strade ci taglia fuori dal mondo. Per un imprenditore come me, le distanze non sono distanze. Adesso sei qui, fra due ore sei in un'altra parte del mondo. Lo spostamento fa parte del mestiere. Così com'è strutturato, il ticino è destinato a perderli tutti, quelli come me».
Quel «fisco mostruoso» che manda via i nostri ragazzi - Una colpa, forse, da parte di una politica che «è incapace di scelte coraggiose»; ma soprattutto un rischio, perché «sono finiti i tempi in cui le grandi società bancarie pagavamo le tasse per tutti. La ripresa economica deve passare dagli imprenditori. Abbiamo università, ragazzi intelligenti e volenterosi. Ma anche carichi fiscali mostruosi che alla fine li mandano via».