Secondo l'editorialista Michael Goodwin, la democratica «sta tramando qualcosa». A lasciarlo pensare sono le sue email
WASHINGTON - A mettere la pulce nell’orecchio dell’editorialista del New York Post Michael Goodwin sono le email che, sempre più insistenti nell’ultimo mese, arrivano dalla ex candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton. Sono brevi, mirate, strettamente legate all’attualità e incitano il suo pubblico a reagire agli ultimi «oltraggi» commessi da Trump. E, secondo Goodwin, sono il segno che la 70enne sta segretamente scaldando i motori per correre nuovamente alle presidenziali del 2020.
«Questa è una crisi morale e umanitaria», scriveva per esempio in un’email del 18 giugno scorso sul tema della separazione delle famiglie di migranti irregolari che come oggetto aveva semplicemente la parola “Orribile”. «Chiunque di noi abbia mai tenuto un bambino fra le braccia e qualsiasi essere umano con un senso di compassione e decenza dovrebbe essere indignato», aggiungeva. E poi altri messaggi nelle settimane successive sempre sulla politica migratoria o la composizione delle Corte Suprema.
«Hillary Clinton sta tramando qualcosa», ipotizza Goodwin, che sottolinea come il gruppo alla testa del quale l'ex candidata alla Casa Bianca è attiva e per il quale raccoglie fondi, “Onward Together”, sia una macchina in attesa di attivarsi per la campagna elettorale del 2020. Formato nel maggio 2017, «ha come obiettivo quello di veicolare la visione che ha ottenuto quasi 66 milioni di voti nelle ultime elezioni», si legge sul suo sito.
Secondo Goodwin, il Partito Democratico, consumato da una battaglia interna fra correnti più o meno di sinistra, non è ancora riuscito a esprimere un leader che guidi la formazione alle prossime presidenziali. Clinton «sta cercando di recitare quel ruolo facendo la mamma chioccia degli attivisti pulcini attirati verso la politica dal loro odio per Trump».
Alle presidenziali del 2016 Hillary Clinton aveva ottenuto quasi 3 milioni di voti popolari in più rispetto al suo avversario Donald Trump. Quest'ultimo, però, aveva conquistato più Stati e, soprattutto, più grandi elettori (304 contro 227) e aveva vinto così le elezioni.