Con la raccolta delle firme che si è conclusa a mezzogiorno gli schieramenti sono ora ufficiali. Serviva il sostegno di almeno mille iscritti, per accedere a quelle che saranno le prime "primarie" in salsa padana, volute da Roberto Maroni per far legittimare il suo successore direttamente dalla base leghista e non dai delegati del congresso che, il 15 dicembre a Torino, saranno chiamati solo alla ratifica.
"Salvini ha raccolto circa il quadruplo delle firme di Bossi, quattromila contro poco più di mille", ha riferito Maroni, che è il principale sponsor del primo. Gli altri tre pre-candidati alla segreteria federale - Giacomo Stucchi, Manes Bernardini e Roberto Stefanazzi - non ce l'hanno dunque fatta.
Salvini e Bossi, insomma: il nuovo e il vecchio, come sono dipinti nello schema classico. I due sicuramente rappresentano due prospettive diverse, anche se entrambi invocano con la stessa passione la Lega "delle origini".
Salvini, 40 anni, europarlamentare in scadenza, per un ventennio consigliere comunale a Milano e dalla scorsa estate guida lombarda della Lega, ha appena coniato lo slogan "basta euro" (paragonando la moneta unica ai "panzer nazisti") e immagina di allearsi in Europa con le destre di Marine Le Pen, Geert Wilders e della Fpoe. "Non capisce niente, se vogliamo uscire dall'euro ci sparano", ha urlato nei giorni scorsi anche su Radio Padania Bossi, che ai nazionalisti alla Le Pen preferisce gli indipendentisti scozzesi e catalani.