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ISRAELEA una scintilla dall'assalto alla Striscia. Ma cosa accadrà dopo?

10.10.23 - 15:36
La crisi degli ultimi giorni sembra aver assestato un colpo di grazia alla parabola politica di Benjamim Netanyahu. Facciamo il punto
keystone-sda.ch / STF (MOHAMMED SABER)
Fonte Haaretz/CNN/Domani
A una scintilla dall'assalto alla Striscia. Ma cosa accadrà dopo?
La crisi degli ultimi giorni sembra aver assestato un colpo di grazia alla parabola politica di Benjamim Netanyahu. Facciamo il punto

GERUSALEMME - La parola che ricorre più frequentemente, ascoltando le analisi a caldo su quanto è accaduto e sta accadendo in questi giorni tra Israele e Gaza, è "fallimento". Il fallimento del Mossad; l'onnipotente - o a lungo considerato tale - servizio d'intelligence israeliano, preso alla sprovvista dall'azione di Hamas. E, in misura ancora maggiore, il fallimento del premier Benjamin Netanyahu, volto di un governo sempre più fragile, la cui condotta - in tempi recenti, con la riforma della giustizia, ma non solo - ha generato le condizioni che hanno fatto da innesco a una tragica escalation che ancora non ha raggiunto il suo culmine.

Ora Israele è in guerra. Netanyahu ha speso la parola e ha annunciato ieri che la risposta di Israele «cambierà il Medio Oriente». E per farlo dovrà percorrere la via di un governo di unità nazionale (i partiti della maggioranza hanno dato oggi il proprio via libera), perché la guerra richiede un sostegno quanto più ampio possibile. La certezza è che per il momento, al netto degli auspici di alcuni analisti - sulle colonne di Haaretz c'è chi ha "chiesto" al premier di «andarsene ora» e «non dopo» -, Netanyahu resta al suo posto; perché non si cambia il timoniere nel bel mezzo di un conflitto. Sul dopo invece - indipendentemente da come andrà a finire - il discorso pare diverso e c'è chi vede già ora scorrere i titoli di coda sulla lunghissima carriera politica di Bibi.

Per dirla alla Lucio Caracciolo: «Quando finirà la guerra dovrà trovarsi un altro lavoro»; la previsione, lapidaria, del direttore di Limes, ieri durante la trasmissione "Otto e Mezzo" sul canale italiano La7. Ma torniamo al presente e a cosa dovrà e potrà fare ora il governo israeliano. E due sono le priorità da considerare. La prima è pensare alla vita degli ostaggi - non sappiamo quanti sono, ma si parla di centinaia di persone - che Hamas ha portato nella Striscia. La seconda riguarda invece le modalità dell'operazione di terra che potrebbe, o così sembra, prendere il via in ogni momento. Uno scenario potenzialmente da incubo per le forze militari israeliane, che con i loro carri armati potrebbe trovarsi letteralmente incastrate nelle stradine di Gaza e delle altre città all'interno della Striscia; bersagli facili di una guerriglia che potrebbe avere un bilancio pesantissimo.

E dopo la guerra?
E nel frattempo - ed è probabilmente la difficoltà più grande - il governo israeliano deve pensare al dopo. A quando la guerra sarà finita. Quella guerra che, citando l'ambasciatore israeliano a Roma, Alon Bar, ha come obiettivo quello di estirpare dalla Striscia il controllo di Hamas. Perché alla fine quella terra andrà amministrata in qualche modo.

L'uscita dalla crisi? In un'intervista rilasciata al quotidiano italiano Domani, il politologo israeliano Arie Kacowicz ne indica «solo una» che può essere «efficace sul lungo termine: Israele deve aprire un orizzonte politico per i palestinesi. Quindi, una volta sconfitto Hamas, bisognerà affidare la striscia di Gaza alle Nazioni Unite e all’Autorità palestinese, a cui spetta legittimamente il controllo dell’area, e poi intavolare negoziati seri per arrivare finalmente alla soluzione a due Stati». E, aggiunge, «l’Arabia Saudita potrà senz’altro giocare un ruolo positivo».

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