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ETIOPIA«Se lo seppellite, sarete uccisi tutti»

05.09.23 - 06:30
Violenze, stupri ed esecuzioni sommarie. Le atrocità nel Tigray documentate in un nuovo rapporto di Amnesty International
Imago
Lame e acqua bollente. È così - mentre violentavano sua madre - che alcuni soldati eritrei hanno sfregiato l'addome di questa giovane ragazza.
Lame e acqua bollente. È così - mentre violentavano sua madre - che alcuni soldati eritrei hanno sfregiato l'addome di questa giovane ragazza.
Fonte Amnesty International
«Se lo seppellite, sarete uccisi tutti»
Violenze, stupri ed esecuzioni sommarie. Le atrocità nel Tigray documentate in un nuovo rapporto di Amnesty International

ADDIS ABEBA - Dopo l'inchiostro ha continuato a scorrere anche il sangue. L'Accordo di cessazione delle ostilità, siglato tra il governo dell'Etiopia e il Fronte popolare di liberazione del Tigray (TPLF) dieci mesi fa, non ha messo fine alle violenze nella regione tigrina: dagli stupri ai saccheggi, fino alle esecuzioni. «Crimini di guerra e forse anche contro l'umanità»; è quanto viene denunciato da un rapporto pubblicato, oggi, da Amnesty International.

La denuncia prende forma dalle testimonianze di chi è riuscito a sfuggire da quelle atrocità. «i soldati eritrei hanno sottoposto le donne a terribili abusi, tra cui stupri, stupri di gruppo e schiavitù sessuale, mentre gli uomini civili sono stati giustiziati in modo extragiudiziale», dichiara - citato in una nota - Tigere Chagutah, direttore regionale di Amnesty International per l'Africa orientale e meridionale.

Le voci ascoltate da Amnesty sono molteplici. Donne violentate all'interno di un campo militare delle Forze di difesa eritree (EDF), altre nelle loro case o in case prese in consegna dall'EDF. Alcune sono sopravvissute dopo aver trascorso tre mesi in un campo militare, nel distretto di Kokob Tsibah, sottoposte a stupri e schiavitù sessuale. Tra di loro ci sono Fanta* e Bezawit*; i nomi sono stati cambiati per proteggere le loro identità, le loro storie però sono, purtroppo, vere.

«Che tu gridi o meno, nessuno verrà a salvarti»
«Hanno continuato a violentarmi a turno per tutti i tre mesi. Non mi hanno mai lasciato per tutti e tre i mesi. Quando uno di loro se ne va, arriva l'altro. C'è qualcosa che l'EDF non ha fatto? Siamo stati rinchiusi dal giorno in cui ci hanno portato al campo. Non potevamo uscire e ricevere assistenza medica. Non potevamo visitare la nostra famiglia. C'erano molte donne detenute con me», ha raccontato Fanta, prima tenuta sotto chiave in una casa occupata e poi trasferita in un campo militare con altre 14 donne. La loro detenzione, secondo quanto testimoniato da un assistente sociale del distretto e da alcuni funzionari del governo provvisorio locale, è stata giustificata dal sospetto che i loro coniugi, figli o parenti fossero membri delle forze tigrine.

Per Bezawit l'inferno è iniziato tra le mura della sua stessa casa. Lei - 37enne e con due figli - è stata qui tenuta prigioniera per tre mesi e violentata dai militari dell'EDF. «Mi hanno detto: "Che tu gridi o no, nessuno verrà a salvarti». I loro calvari hanno avuto inizi ai primi di novembre dell'anno scorso, quando le forze militari hanno fatto il loro ingresso nel distretto. E la maggior parte delle vittime ha ricevuto assistenza solo nella seconda metà di gennaio, quando i soldati hanno lasciato Kokob Tsibah.

«Se lo seppellite, sarete uccisi tutti»
Dalle carte che Amnesty ha raccolto emerge che quanto accaduto non va considerato come uno scenario isolato, quanto piuttosto «parte di un attacco diffuso o sistematico contro la popolazione civile». E alle violenze sessuali, come detto, si aggiungono poi le uccisioni sommarie di civili. Effettuate durante controlli e perquisizioni. Anche in questo caso non mancano le testimonianze. Ad esempio quella di un sacerdote che, era il 2 novembre, aveva trovato rifugio - con la moglie, i figli e altri membri della comunità - nella chiesa di San Michele, sempre nel già citato distretto di Kokob Tsibah.

I soldati, alla ricerca di forze del Tigray, hanno invaso l'edificio, costretto tutti i presenti a sdraiarsi a terra, per poi picchiarli mentre venivano interrogati. Durante l'assalto, un altro sacerdote, più anziano, è stato ucciso. «Non so cosa abbia detto il prete a uno dei soldati, ma questi ha sparato a bruciapelo al vecchio nel petto. Poi, è venuto da noi e ha detto: "Se qualcuno cerca di raccogliere il corpo o di seppellirlo, sarete tutti uccisi». A completare la cornice delle atrocità troviamo infine anche i saccheggi.

La necessità di indagini approfondite
Dallo scoppio delle ostilità nel Tigray, era il novembre del 2020, Amnesty ha documentato crimini e violazioni dei diritti umani per conto di tutte le parti coinvolte nel conflitto. E quindi, «in presenza di continue e gravi violazioni e abusi» e «di prospettive poco rosee per quanto riguarda la responsabilità interna», l'ong, sottolinea il direttore regionale Chagutah, ha chiesto «che il mandato della Commissione internazionale di esperti in diritti umani sull'Etiopia sia rinnovato e pienamente sostenuto. La Commissione africana dovrebbe anche ripristinare il mandato della Commissione d'inchiesta e garantire che si concluda con un rapporto sulle sue scoperte e raccomandazioni». L'Eritrea e l'Etiopia, sottolinea pure Amnesty, «hanno l'obbligo di indagare efficacemente e, laddove vi siano prove sufficienti, di perseguire i crimini di diritto internazionale, compresi i presunti crimini di guerra e i crimini contro l'umanità. Questo deve avvenire in linea con gli standard internazionali sul diritto a un giusto processo e senza ricorrere alla pena di morte».

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