È stato depositato in senato un nuovo disegno di legge secondo cui un embrione non sarebbe diverso da un anziano
ROMA - C'è un nuovo disegno di legge in Senato. Targato Fratelli d'Italia, punta a modificare l'articolo 1 del Codice civile, che tutela la capacità giuridica di un individuo. Come? In modo che questa non venga più riconosciuta dalla nascita, ma dal concepimento. È, in sintesi, un altro pezzo del puzzle che si incastra perfettamente con le controverse proposte di Forza Italia dell'ottobre scorso.
Firmato Roberto Menia, nel testo si legge che «la vita prenatale umana è sottoposta a rischi di varia natura» e che per questo motivo «urge una completa disciplina dell’intervento manipolatore dell’uomo nell’ambito della genetica». Perciò bisognerebbe «riconoscere, anche nell’ambito giuridico, che embrione, feto, neonato, bambino, ragazzo, adolescente, giovane, adulto, anziano, vecchio sono diversi nomi con cui si indica una identica realtà, un identico soggetto, lo stesso essere personale, lo stesso uomo».
In sostanza, Menia cerca «lo statuto giuridico dell'embrione umano, come richiesto anche dal Parlamento europeo nelle due risoluzioni del 16 marzo 1989 sui problemi etici e giuridici dell'ingegneria genetica e della procreazione artificiale umana». La risoluzione a cui fa riferimento Menia tratta, in particolare, la clonazione umana.
Eccone un estratto: «In merito agli interventi di ingegneria genetica sulla catena germinale dell’uomo il Parlamento europeo: chiede un divieto categorico di tutti gli esperimenti volti a modificare arbitrariamente il programma genetico degli esseri umani; chiede sanzioni penali contro qualsiasi trasferimento di geni nei gameti umani; si attende una definizione dello status giuridico dell’embrione umano che garantisca la salvaguardia precisa dell’identità genetica; ritiene anche che una modificazione parziale del patrimonio ereditario rappresenti una falsificazione dell’identità dell’uomo, inammissibile e ingiustificabile in quanto si tratta di un bene giuridico altamente personale».