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L'OSPITELe fibre ottiche come le grandi dighe: basta sindrome di Calimero!

09.02.15 - 11:34
Rocco Cattaneo, Presidente PLRT
Le fibre ottiche come le grandi dighe: basta sindrome di Calimero!
Rocco Cattaneo, Presidente PLRT

Non possiamo solo lamentarci e pretendere. Compito della politica è anche promuovere visioni. Da decenni le “Partnerwerke” sfruttano le nostre acque. Il Ticino allora non aveva le risorse per realizzare quelle opere e ha dovuto lasciare nelle mani dei confederati una delle sue risorse più preziose: l’acqua come fonte energetica. Oggi investire in una rete capillare di fibre ottiche vuol dire non lasciare in mano ai grandi distributori di dati le decisioni che riguardano il nostro futuro.

Lo so che non è una proposta “popolare”, di quelle che fanno presa sulla gente, anche perché il tema è tecnicamente molto complesso. Ma torno a battere il chiodo, precisando che come imprenditore non ho alcun interesse da promuovere, men che meno come presidente di partito. So benissimo che fa più colpo parlare di altre cose. Capisco le preoccupazioni dei ticinesi, che vivo anch’io ogni giorno, ma non possiamo ridurre tutta la nostra azione politica al voto del 9 febbraio, ai frontalieri, ai burqa, agli stranieri che delinquono e via discorrendo.

Non possiamo continuare a lamentarci, e a pretendere e basta. Compito della politica non è soltanto affrontare i problemi contingenti ma anche guardare al futuro, sviluppare e realizzare delle visioni. Noi, questo, non lo stiamo facendo abbastanza. Vengo al punto: sto parlando della fibra ottica e della proposta avanzata con una mozione dal gruppo PLR in Gran consiglio. La proposta è stata bocciata dal Governo con quattro voti contro uno, quello di Laura Sadis. Ma non importa chi ha votato pro e chi contro: ogni ministro avrà fatto i suoi ragionamenti, che rispetto, e alla fine deciderà il Gran Consiglio.

Il Consiglio di Stato è contrario a un intervento del Cantone in questo ambito in quanto (cito dal rapporto sulla mozione) “ritiene che l’ottimale copertura territoriale sarà garantita dal settore privato senza la necessità d’intervenire con un contributo sussidiario pubblico”. Ma non è vero. Non sarà così!

Mi viene in mente quando, decenni or sono, le “Partnerwerke” costruirono le grandi dighe nelle nostre valli. Il Ticino a quel tempo non aveva le risorse per realizzare opere così grandiose. Probabilmente non poteva fare altro che consegnare nelle mani dei confederati una delle sue più preziose risorse naturali: l’acqua come fonte energetica.

Ma vent’anni fa il Nano e la Lega hanno iniziato a gridare alla rapina dei “balivi” e a pretendere che gli impianti idroelettrici ci fossero restituiti per un tozzo di pane. Purtroppo le cose non funzionano così. Bisogna rispettare i patti e le concessioni di allora prevedevano un diritto di riscatto dopo 40 anni. Ora vogliamo lasciare che siano i grandi distributori nazionali di dati - Swisscom e Cablecom – a decidere il nostro futuro? Stiamo commettendo lo stesso errore di allora! Ma ancora più grave per lo sviluppo del nostro Cantone, perché questa volta non sono i confederati ad aver bisogno di acqua. Siamo noi ad aver bisogno di dati!

Né Swisscom né Cablecom sono dei benefattori: impostano la loro politica sulla base di  strategie economiche. Chiaramente il Ticino, che sul mercato svizzero conta come il due di picche, non è e non sarà mai in cima alle loro priorità. Swisscom sta gradualmente rimpiazzando le vecchie reti in rame con la fibra ottica. Cablecom sta invece cercando di sfruttare al massimo la sua rete via cavo, attualmente superiore al rame come capacità di trasporto, ma nettamente inferiore alla fibra. Il Consiglio di Stato sostiene che bisogna lasciar fare ai privati e che non è compito del Cantone partecipare alla costruzione di questa “autostrada dei dati”, che nei prossimi anni sarà fondamentale quanto lo è stata l’autostrada vera, e sarà strategica non meno di Alptransit per collegarci con il resto della Svizzera e dell’Europa (e del mondo), per affrontare a viso aperto le sfide con le quali, volenti o nolenti, dovremo confrontarci.

Non condivido, e dico che noi ticinesi dobbiamo uscire una volta per tutte dalla mentalità autarchica e di chiusura che ci viene dalla paura che alcune forze politiche hanno fomentato e sfruttato per anni a fini elettorali. La paura ci rende deboli. Ci paralizza. Ci fa compiere errori fatali. Nei grandi poli urbani svizzeri, Swisscom e i distributori locali di energia elettrica stanno collaborando nella costruzione delle reti a fibre ottiche, secondo un modello approvato dall’Ufficio federale delle comunicazioni. I due partner investono insieme nel progetto di costruzione (60% Swisscom e 40% il distributore), ed entrambi ottengono la proprietà del 100% (ognuno, avendo posato fibre in parallelo) della rete. Nell’alto Vallese, invece, è stato creato un grande progetto regionale, che coinvolge comuni, Swisscom e i distributori. Swisscom finanzia il 50% e il rimanente è a carico degli altri partner.

Con un ruolo di promotore e co-finanziatore, il Cantone potrà convincere Swisscom e i distributori di elettricità a portare la fibra ottica nelle case di tutti i ticinesi, comprese le valli e le zone più discoste. Come succede nelle regioni più avanzate della Svizzera. Perché oggi più che mai la collaborazione tra pubblico e privato è fondamentale per lo sviluppo di progetti strategici, e questo è un progetto strategico, che creerà lavoro per le aziende ticinesi, lavoro a livello regionale, che renderà competitive e al passo coi tempi le nostre bellissime valli.

Cari ticinesi, è in atto una rivoluzione silenziosa alla quale dobbiamo partecipare se non vogliamo essere tagliati fuori dal futuro. Dobbiamo evitare che il Ticino abbia un’autostrada dei dati a macchia di leopardo, limitata solo ai centri urbani. Siamo una piccola regione a cavallo tra Milano e Zurigo e infuturo le nostre valli diventeranno i “giardini” delle grandi città. Ma questo accadrà solo se avremo il coraggio di uscire dal guscio e di lasciarci alle spalle quella “sindrome di Calimero” che rischia di condannarci al ruolo di eterni perdenti.

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