«È indicibile quanto abbiamo vissuto in quelle tre settimane», così la direttrice sanitaria.
BELLINZONA - I contagi di certo non mancavano, tra marzo e aprile 2020, alla casa anziani di Sementina. Ma non venivano tracciati. Non era infatti stata stilata una lista dei contatti che avevano avuto un'esposizione significativa con i positivi nelle 48 ore precedenti al rilevamento del Covid-19.
I tre requisiti - Ma com'è possibile? «La lista non era stata stilata perché secondo noi non c'erano stati contatti che presentavano i tre requisiti necessari che erano stati elencati inizialmente: ovvero il contatto senza mascherina a distanza di meno di due metri e per una durata di almeno 15 minuti», spiega il direttore amministrativo. «Abbiamo tentato di fare un tracciamento, ma si trattava in sostanza più di monitoraggi».
Una volta registrati i primi positivi, tiene però a sottolineare la direttrice sanitaria, «abbiamo comunque iniziato a scambiarci le informazioni necessarie via mail, scrivendo chi aveva preso a carico il paziente nelle 48 ore precedenti alla sua constatata positività».
Emergenza in corso - Quando la situazione ha iniziato a precipitare, poi, al tracciamento non si aveva più neanche il tempo di pensare. «Purtroppo quando c'è stata un'evoluzione non favorevole tracciare i contatti è risultato difficile. Abbiamo dovuto utilizzare tutto il personale per questioni sanitarie più urgenti».
«Abbiamo vissuto qualcosa di indicibile» - Un periodo, questo, che per chi lavorava nella struttura è stato tutt'altro che facile, tiene comunque a sottolineare la 47enne. «Abbiamo chiesto sostegno psicologico, nella forma di un Care team, prima all'Associazione dei direttori delle case anziani della Svizzera italiana (ADiCASI) e poi anche al medico cantonale, perché è indicibile quanto abbiamo vissuto in quelle tre settimane», racconta con la voce spezzata la direttrice sanitaria.
«Non c'era personale» - Chiuso il capitolo tracciamento si parla poi dell'impiego, durante un turno di notte, di un'infermiera risultata positiva al Coronavirus e che avrebbe dovuto restare in isolamento per almeno dieci giorni. «C'era carenza di personale e non si poteva garantire una continuità quella notte», spiegano gli imputati. «Ha lavorato nel reparto Covid e abbiamo fatto questa scelta riferendoci alle indicazioni di Swissnoso», aggiunge il direttore amministrativo.
«Scelte che fanno male» - «Sono delle scelte che ti fanno stare male, che non si prendono a cuor leggero», afferma la direttrice sanitaria. «Avremmo sbagliato in qualsiasi caso, sia decidendo di lasciare il reparto scoperto, che facendo lavorare una dipendente positiva. Abbiamo pensato che la seconda soluzione fosse la meno peggio».
Tre intrusi in casa anziani - Ma le negligenze non finiscono qui. A metà aprile, nonostante fosse in vigore il divieto di accesso di persone esterne alle case anziani, i vertici della struttura hanno autorizzato l'accesso a tre pittori che hanno eseguito dei lavori di ritinteggio. «Hanno lavorato al terzo piano della struttura, che era completamente libero da residenti», evidenzia il direttore amministrativo. «In quel periodo si discuteva inoltre della resistenza del virus sulle superfici, così oltre alla risanificazione degli spazi si è pensato di fare anche il ritinteggio».