Il Gruppo UDC ha deciso di vincolare il reddito di base all'applicazione dell'iniziativa accettata dai ticinesi tre anni fa
BELLINZONA - «Introdurre un salario minimo in Ticino non ha nessun senso finché un numero crescente di datori di lavoro continuano a privileggiare i frontalieri e lasciano a casa i residenti». È con questa argomentazione che il gruppo UDC in Gran Consiglio ha deciso di vincolare il reddito di base all'applicazione dell'iniziativa "Prima i nostri". «Un salario minimo senza il vincolo del “Prima i nostri” sarebbe una cuccagna per gli italiani e un autogol per le lavoratrici e i lavoratori che devono sopravvivere in Svizzera, sarebbe a medio termine un boomerang autolesionista», sostengono i democentristi.
Di conseguenza, settimana prossima, il gruppo fa sapere che voterà contro il salario minimo in Gran Consiglio, a meno che il Parlamento non obblighi il Governo ad applicare l'iniziativa “Prima i nostri”. In questo senso l’UDC Ticino ha quindi elaborato due emendamenti: il primo chiede al Governo di presentare un progetto di Legge per l’applicazione del “Prima i nostri” entro la fine del 2020, il secondo chiede che il Gran Consiglio lo voti entro la fine del 2021 per essere applicato.
Tre anni fa, ricordiamo, il popolo ticinese aveva chiesto allo Stato di mettere un freno al dumping salariale dovuto all’afflusso sempre crescente di frontalieri, nel frattempo ancora aumentato. Dopo alcuni anni di riflessioni, e dopo il via libera da parte della Confederazione, il gruppo UDC si dice convinto che il Governo cantonale sia in grado di trovare e applicare delle misure per proteggere il mercato del lavoro indigeno a breve termine.