Si è presentata oggi l’alleanza interpartitica a favore della modifica di legge sulle assicurazioni sociali in votazione il prossimo 25 novembre
LUGANO - Se qualcuno froda le assicurazioni sociali a farne le spese sono inevitabilmente tutte le persone che pagano i premi. È in questo concetto, e la conseguente volontà di sradricare il fenomeno, che risiede la forza motrice dell’alleanza interpartitica che ha presentato oggi il proprio sostegno alla modifica di legge riguardante la sorveglianza in materia di assicurazioni sociali.
Il progetto di un «fair play» - sostenuto anche dal Consiglio federale - mira a fermare le frodi dirette all’aiuto sociale chiarendo quelli che sono i limiti legali conferiti agli “007” dell’assicurazione, ancorando nella legge una prassi comprovata e colmando una «lacuna giuridica», come sottolineato da Marco Romano. Così da poter evitare che i sussidi possano finire nelle tasche di persone che si proclamano infortunate alle spalle, salvo poi rivelarsi «campioni di golf», o assicurati costretti sulla sedia rotelle “pizzicati” su una scala a raccogliere albicocche su una gamba sola. Entrambi casi concreti, giudicati dal Tribunale federale.
Un fenomeno marginale, ma… - Gli abusi, prosegue il consigliere nazionale, costituiscono «realtà marginali ma presenti, che arrecano danno all’intero sistema». Un fenomeno che quindi mina alla fiducia che la popolazione ripone nelle assicurazioni sociali e sul quale, ha precisato Alex Farinelli, è positivo che sia il popolo a potersi esprimere e «avere l’ultima parola».
Cifre alla mano, in Svizzera sono circa 3000 le situazioni sospette rilevate ogni anno. Di queste, precisa Romano, quasi 350 proseguono con l’apertura di un’attività di sorveglianza. Nel 70-80% dei casi queste sfociano in una revisione o uno stralcio delle prestazioni. Nessun «abuso generalizzato» quindi, ma nel complesso si può parlare di circa 80 milioni di franchi all’anno.
«Intercettazioni? Spesso basta una sola foto» - Il progetto non intende quindi rafforzare il sistema quanto piuttosto «consolidare» l’attuale situazione. Un punto sottolineato con forza da Romano e ribadito anche dalla collega leghista Roberta Pantani, che ha descritto la modifica di legge come la semplice «legittimazione di una pratica già in atto». Quello della sorveglianza resterà infatti uno strumento da utilizzare solamente quale “extrema ratio”; e per poterne usufruire occorreranno sospetti concreti e autorizzazioni dall’alto.
Proprio su quest’ultimo fattore il comitato ha dedicato particolare enfasi, sconfessando apertamente la tesi dei referendisti secondo cui la modifica conferirebbe ai detective dell’assicurazione poteri di misura superiore rispetto a quelli delle forze di polizia. Niente droni quindi né osservazioni segrete in spazi non accessibili pubblicamente. Eventuali rilevamenti di posizione tramite GPS dovranno essere autorizzati da un giudice, anche se - conclude Romano - «nella maggioranza dei casi bastano una foto o un video».