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TICINORiflettori su Lidia Schiappacassi Carrion, per la prima volta parla la manager del LAC

24.02.11 - 09:09
Scarsa affluenza alle mostre, una ridda di polemiche, voci, attacchi personali. Lidia Schiappacassi Carrion risponde, in un'intervista a tutto campo
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Riflettori su Lidia Schiappacassi Carrion, per la prima volta parla la manager del LAC
Scarsa affluenza alle mostre, una ridda di polemiche, voci, attacchi personali. Lidia Schiappacassi Carrion risponde, in un'intervista a tutto campo

Si sono scritte pagine e pagine su Polo culturale, LAC e DAC, tra tante sigle e incertezza, ci aiuta a capire di che cosa si tratta in concreto e le rispettive realtà e competenze?
“Il modo migliore per fare chiarezza è rimandare alla risposta data all’interrogazione 307 presentata di recente al Comune di Lugano, che definisce la natura e il ruolo di ciascun soggetto. Come si illustra nella risposta all’interrogazione, il Polo Culturale è la rete di soggetti (pubblici, para-pubblici, privati) attivi nella cultura, che collaborano sulla base di accordi e sinergie. Il DAC, Dicastero Attività Culturali, con i suoi settori ed enti (Museo d’Arte, Settore Spettacoli, Archivio Storico, Museo delle Culture) è il referente per la cultura designato dal Municipio, anche quale attivatore della rete del Polo Culturale, nella configurazione che di volta in volta i singoli progetti richiedono. È parte integrante di tale rete, cui partecipano però altri enti esterni autonomi, in cui la Città è direttamente presente, o con cui la Città collabora (primi fra tutti il Museo Cantonale d’Arte). Il LAC, Lugano Arte Contemporanea, è l’edificio (organizzatore) al centro della rete. Esso sarà la sede principale per le attività che riguardano le arti visive, la musica e le arti sceniche; ospiterà la parte più importante dell’offerta culturale futura della Città di Lugano, che finalmente disporrà di una sede adeguata: teatro, sala concertistica, spazi espositivi, strutture collaterali adeguate”.

Vi vengono rimproverate scelte espositive elitarie o di nicchia, non ritiene che la politica culturale del Comune di Lugano dovrebbe proporre mostre di più ampia presa sul grande pubblico? 
“Il processo di produzione di un progetto espositivo richiede tempi lunghi, per cui le mostre che sono state viste ultimamente a Lugano sono ancora, in parte o del tutto, riconducibili a scelte fatte negli anni precedenti. Bisogna inoltre considerare che il compito del General Manager del LAC non è quello di definire il contenuto delle mostre, ma di assicurare che la macchina organizzativa nel suo complesso funzioni nel modo migliore. Nello sviluppo del progetto LAC, i cui frutti in termini di progetti espositivi cominceranno a vedersi chiaramente a partire dal 2012-13, c'è comunque una forte volontà di lavorare a stretto contatto con le direzioni artistiche, e in effetti ci si trova già a lavorare insieme in un clima di grande armonia e di condivisione di intenti”.

A che tipologia di pubblico intendete indirizzare le vostre proposte culturali?
"Ci ripromettiamo di attrarre verso il LAC fasce di pubblico sempre più ampie, ma crediamo che questo risultato possa essere ottenuto non tanto puntando su eventi di facile presa, ma mettendo il pubblico in condizione di accedere a tipologie di offerta sempre più ampia: in ultima analisi stiamo ampliando la libertà di scelta delle persone, le stiamo aiutando a scoprire mondi che forse non conoscevano e che però, una volta conosciuti, potrebbero schiudere nuove possibilità, portare alla coltivazione di nuovi interessi culturali. Ci stiamo dotando di strumenti statistici, perché riteniamo che si possa migliorare l’offerta anche attraverso un’attenta osservazione del comportamento del pubblico”.

Da tempo si trascina la polemica sulla scarsa partecipazione del pubblico alle mostre proposte nei musei di Lugano. È noiosa la cultura o viene presentata male? Cosa ci può dire in proposito?
“L’esperienza ci dice che il pubblico della cultura non si costruisce da un giorno all’altro. Occorre lavorare con continuità, puntando sulla qualità e mettendo progressivamente a fuoco le proposte e i modelli. Lugano non è ancora percepita come una destinazione culturale di prima grandezza, per cui in questa fase bisogna concentrarsi soprattutto sull’accreditamento e la notorietà. Da questo punto di vista, ad esempio, la copertura mediatica degli ultimi progetti espositivi ha prodotto ottimi risultati. E’ una base da cui partire, e sicuramente con l’avvicinarsi dell’apertura del LAC l’attenzione dei media, anche fuori dalla Svizzera, aumenterà. La cultura non è noiosa e nel nostro caso non credo sia presentata male, come ci dimostrano l’apprezzamento delle molte personalità che hanno visitato le nostre ultime mostre e le ottime recensioni ricevute. Ma per poter apprezzare la cultura bisogna costruire progressivamente un pubblico curioso, vivace e attento, che abbia voglia di documentarsi, di stupirsi, di scoprire cose nuove”.

Dai dati in vostro possesso, è vero che l’arte contemporanea non interessa per niente i ticinesi? Avete progetti di promozione per attirare il pubblico locale e straniero?
“L’esperienza degli ultimi due decenni insegna che non esistono luoghi non interessati all’arte contemporanea. Anche una città come Bilbao, prima della costruzione del Guggenheim, non sembrava essere un polo particolarmente significativo del contemporaneo, né una città particolarmente amante dell’arte contemporanea, e oggi è una delle città più vivaci in Europa, capace di attrarre nuovi talenti e risorse anche al di fuori dei Paesi Baschi e della stessa Spagna. E questa vivacità non deriva soltanto dai turisti e dai visitatori esterni, ma da un progressivo coinvolgimento della città stessa, che solo dopo qualche anno ha cominciato a dare frutti evidenti ma che oggi si manifesta in termini di una crescente intraprendenza e imprenditorialità creativa da parte delle nuove generazioni locali. Certamente il LAC farà un grande lavoro di promozione nei confronti del pubblico, tanto locale quanto straniero. Ma dovremo fare in modo che il nuovo spazio culturale diventi soprattutto un centro pulsante della vita della città, un luogo nel quale i luganesi per primi abbiano voglia di ritrovarsi, di passare del tempo, di incontrare altre persone. È attraverso questa esperienza di contatto diretto, di crescente familiarità che si costruirà l’amore dei ticinesi verso la cultura del contemporaneo”.

A quali prime tappe ha sinora portato il suo impegno? E oggi quali sono esattamente i suoi obiettivi, il suo incarico e il suo ruolo?
“Creare una nuova struttura come il LAC, un centro culturale di dimensione europea in una città relativamente piccola come Lugano, è un incarico molto impegnativo: bisogna costruire uno staff dinamico e competente, bisogna sviluppare i rapporti con tutte le forze economiche, sociali e culturali del territorio, bisogna definire i modelli organizzativi e gestionali, bisogna lavorare sulla comunicazione. Il lavoro certamente non manca. Come General Manager del LAC, il mio incarico è quello di far sì che tutto questo complesso insieme di priorità si trasformi in una struttura organica e coerente, capace di far funzionare il nuovo centro culturale ai massimi livelli di efficienza ed efficacia, in linea con i migliori standard internazionali. I miei obiettivi discendono quindi in modo naturale da questo incarico: assicurare al LAC un buon supporto economico e sociale, promuovere il coinvolgimento della città, costruirne gradualmente la notorietà presso i media e gli opinion maker confederali e internazionali, creare partenariati con altre istituzioni culturali di pari livello in Svizzera, in Europa e nel mondo”.

Si è mai posta la domanda delle ragioni alla base di una apparente ostilità nei suoi confronti che tanta eco ha avuto sui media? Si ritiene la persona giusta al posto giusto?
“La nascita di un grande progetto come quello del LAC suscita naturalmente polemiche, ma per carattere preferisco guardare avanti e occuparmi delle cose da fare piuttosto che alimentare cortocircuiti comunicativi che finiscono per sottrarre energie all’obiettivo più importante, vale a dire il successo del LAC e lo sviluppo futuro della Città di Lugano. Io sono stata chiamata ad essere la General Manager del LAC dopo un concorso pubblico, e ho accettato questa sfida con grande entusiasmo e dedizione. Il mio percorso professionale si è svolto interamente all’interno di grandi aziende internazionali che operano ai massimi livelli nel campo delle industrie creative, dalla moda al design. Non mi sembra un background inappropriato”.

Non temete che il personale e i consulenti del vostro settore siano piuttosto Italy-oriented e poco attenti al partenariato e alle realtà del resto della Svizzera?
"I nostri consulenti collaborano stabilmente con università svizzere, e lo staff è composto da cittadini svizzeri o da professionisti che hanno lunghi rapporti di consuetudine con la realtà ticinese. Il nostro progetto è molto attento allo sviluppo di partenariati e di reti di collaborazione con le altre realtà svizzere, così come con il resto dell’Europa”.

Si è anche parlato di una fondazione privata LAC, come si inserisce nell’ambito di un progetto pubblico e chi sono i soci?
“La maggior parte dei grandi spazi culturali pubblici viene ormai gestita attraverso la creazione di apposite fondazioni, quindi nel procedere in questo senso non si fa che seguire la prassi di riferimento ormai consolidata a livello internazionale. Stiamo definendo in questo momento la struttura organizzativa e l’assetto dei soci. Non appena questi delicati aspetti verranno definiti, la cittadinanza ne sarà subito informata”.

Con quale iniziativa ci potrà meravigliare domani?
“Se ve la raccontassi prima, come potrei meravigliarvi poi? Ma state sicuri: il LAC non mancherà di suscitare attenzione e interesse per il valore delle sue proposte”.

Luca M. Venturi
 

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