I giovani soprattutto hanno ottime idee, ma le soffocano e non aprono start-up perché temono l'insuccesso. In Ticino la percentuale più alta della Svizzera
LUGANO - Una forte consapevolezza della propria capacità di fare impresa; una paura del fallimento nettamente più bassa degli altri. Questa è la Svizzera: un Paese dove solo il 29,5% teme l'insuccesso e lo considera un deterrente a lanciarsi in nuove iniziative imprenditoriali, a fronte di una media generale, misurata fra le economie europee più innovative, dal 40,3%.
Serve «un cambiamento di abito mentale» - Poi c'è il Ticino, dove invece è un freno e un grosso limite. Il rapporto Global Entrepreneurship 2017/2018, condotto per la parte elvetica dalla Alta scuola di gestione di Friburgo (Heg-Fr) in collaborazione con la Supsi di Manno, mostra una nazione a doppia velocità. E se comunque il monito degli studiosi è verso «un cambiamento a livello di abito mentale, soprattutto per soverchiare la stigmatizzazione del fallimento», ecco che l'auspicio maggiormente si giustifica nel nostro cantone, in palese controtendenza con una percentuale di "spaventati-dal-rischio" che supera anche la già elevata media europea, arrivando al 45%: ben 15 punti sopra la media nazionale.
Uno stigma sociale che ci toglie il coraggio di osare - Un livello di apprensione che agisce da vero e proprio disincentivo, «rallentando - parola degli esperti - l'attività imprenditoriale». In particolare fra i giovani, e questo in verità accade un po' dappertutto: se l'indagine si concentra sulla fascia d'età 18-24, ecco che la paura del fallimento sale al 46,4% in generale nell'intera Svizzera, contro un 26% fra i 35-44 e successivamente a scendere ancora. E finisce per funzionare da vero e proprio deterrente all'apertura di nuove start-up: fra le ragioni per cui ci si arrende prima di partire, soffocando ogni spirito d'iniziativa, è in testa.
Il supporto della famiglia non basta - «Se vogliamo accompagnare gli start-upper nelle loro prime fasi, non è abbastanza lasciare che attingano alle famiglie e agli amici», mettono in guardia gli autori dello studio. Quando i giovani si sentono supportati, è il messaggio e il rimprovero, osano - o osano di più. Lo sanno bene al centro di promozione start-up di Lugano, dove chi arriva lascia andare i dubbi.
«Dobbiamo coprire le loro spalle» - «Per quella che è la mia esperienza, chi è venuto da noi l'ha fatto proprio per ricevere sostegno e supporto - riflette Roberto Poretti, già coordinatore del centro e in un certo senso sua memoria storica - Ricevere un parere positivo e partire, con le spalle più o meno coperte, forse elimina ogni residuo di paura di fallire. Io non l'ho mai percepita».
Un "posto sicuro" resta l'ambizione (dei genitori) - Ma chissà quanto si perde, riconosce Poretti a onor del vero, di quel che invece viene messo a tacere prima. «Certo posso immaginarmi che in Ticino questa paura ci sia, più che altrove. E una questione di mentalità: nella nostra storia, anche non lontana, l'ambizione dei genitori è sempre stata quella di vedere i figli sistemati in posti sicuri. La preoccupazione di fondo davanti a un possibile insuccesso resta sempre, così come la convinzione che se non riesci sei "bruciato"».
Anche i migliori sbagliano - e ripartono - La realtà, anche locale, sembra però smentirla. «È capitato anche ai nostri di fallire, ma posso dire che sono sempre riusciti a ripartire, facendo tesoro di quanto imparato dagli errori. Che il rischio c'è si sa in partenza, fa parte del gioco. Il fatto è che si può avere amche un'idea disruptive, ma oggi è davvero difficile riuscire ed esplodere. Tanti stanno solo a galla. Nessuna buona idea ha la certezza di realizzarsi: naufraga più spesso di quanto si creda, la maggior parte delle volte per l'inadeguatezza del team».