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CANTONE«Perché noi no, e i bordelli sì?»

30.10.20 - 21:45
Locali a luci rosse di nuovo aperti in Ticino. Decisive le scelte federali. E ora c'è chi è furioso.
Ti-Press
«Perché noi no, e i bordelli sì?»
Locali a luci rosse di nuovo aperti in Ticino. Decisive le scelte federali. E ora c'è chi è furioso.
I postriboli, nonostante il Covid-19, possono riaprire. Tanti gli interrogativi tra chi, invece, ha dovuto congelare tutto proprio a causa dei "contatti ravvicinati".

BELLINZONA - Nonostante il Covid-19, in Ticino riaprono i locali erotici. Seguiranno le regole decise per la ristorazione. Otto postriboli rappresentati dall'avvocato Marco Garbani di recente avevano inoltrato ricorso al Tribunale cantonale amministrativo. Il Cantone, nel frattempo, nella giornata di venerdì, visto che il Consiglio federale ha deciso di non limitare l'attività dei locali erotici, è stato costretto a fare dietrofront sulla decisione presa poche settimane fa. «Tutto questo è insensato – sostiene Gianni Morici, uno dei re della movida ticinese –. I locali come i miei devono stare chiusi. I bordelli invece possono aprire? Dunque deduco che la questione delle distanze non abbia più valore». 

«È meglio che non commento più niente» – Chiusura tra le 23 e le 6 di mattina e massimo 4 persone per tavolo. Queste le regole da ora, e fino a nuovo avviso, in atto nei bordelli ticinesi. Gabriele Censi, noto organizzatore di eventi, appare sfinito. Il suo settore è tra i più penalizzati al momento: massimo 50 partecipanti. Una mazzata visti i grandi investimenti fatti. «No comment, davvero – dice –. È meglio che non commento più niente. Vedo un sacco di incoerenze. In generale, non solo riguardo a questa vicenda dei bordelli». 

«Ci sentiamo presi in giro» – L'avvocato Garbani, nel testo consegnato al Tribunale, aveva fatto leva anche su una presunta disparità di trattamento a vantaggio della prostituzione negli appartamenti ancora consentita. Morici non ci sta e rincara la dose: «Ci sentiamo presi in giro. Non so davvero più cosa dire».

C'è chi si pone domande... – Francesco Marani, direttore del T11 SportArena di Giubiasco, è spiazzato: «Noi, accanto alla ristorazione (che prosegue), offriamo la possibilità alla gente di giocare a calcio. In seguito alle direttive giunte dall'alto in merito agli sport di contatto, ho bloccato l'attività sportiva, senza fare storie perché consapevole che si trattava di un gesto per la salute di tutti. Ho sempre rispettato le autorità, ci mancherebbe. Ma è chiaro che di fronte a una decisione del genere posso permettermi di pormi delle domande». 

... E chi è incavolato nero – Mirko D'Urso, direttore del Centro Artistico Mat di Lugano, è incavolato nero. «Se regolarizzata e controllata, ho sempre pensato che la prostituzione fosse una categoria professionale come le altre. Ma quando un Cantone che predica ogni giorno il rispetto della distanza fisica e chiede di non fare cene famigliari a casa propria, poi permette ai postriboli di restare aperti, allora mi arrabbio. A questo punto mi verrebbe da dire “liberi tutti”. Io devo imporre l’uso obbligatorio della mascherina e il rispetto della distanza fisica a 10 allievi di teatro in una sala da 300 metri quadrati e c’è chi può serenamente fare sesso a pagamento con sconosciuti?».

La parola all'avvocato – Marco Garbani non si scompone. «I gestori dei postriboli sono contenti. Perché viene tolta un'incomprensibile disparità rispetto agli appartamenti a luci rosse. I locali hanno un piano di protezione e chiudono alle 23, come tutti gli altri esercizi. È l'autorità federale che ha detto "movida no, bordelli sì". Quindi il nostro Consiglio di Stato ha semplicemente preso atto di questo». 

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