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CANTONEUccise la nonna «per vendetta»

11.12.19 - 15:53
L’accusa ha chiesto una condanna di sedici anni, sospesa a favore di un trattamento stazionario, nei confronti dell'autore del delitto di Caslano
TiPress - foto d'archivio
Uccise la nonna «per vendetta»
L’accusa ha chiesto una condanna di sedici anni, sospesa a favore di un trattamento stazionario, nei confronti dell'autore del delitto di Caslano

LUGANO - «Una donna di 81 anni morta tra le mura protette di casa sua per mano del suo nipote prediletto: un orrore a cui non avremmo mai voluto assistere». Con queste parole la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo ha descritto i fatti avvenuti nelle prime ore del 6 luglio 2018 a Caslano: quella notte un ventiquattrenne aveva ucciso le nonna e aveva poi dato fuoco al corpo. Nei suoi confronti, l’accusa ha chiesto una condanna di sedici anni per assassinio (che può essere sospesa a beneficio di un trattamento stazionario in una struttura chiusa).

Per l’accusa l’imputato non avrebbe agito d’impulso, ma avrebbe deciso di mettere in atto un’azione vendicativa nei confronti della vittima «ancora prima di uscire di casa quella maledetta notte». E ha poi tentato di cancellare le tracce col fuoco, ha seguito un percorso diverso per tornare a casa e ha nascosto la chiave d’ingresso in suo possesso.

Ed è quindi innanzitutto per la premeditazione del gesto che l’accusa ha chiesto la conferma del reato di assassinio. La procuratrice Lanzillo ha anche sottolineato che l’imputato «ha attaccato la vittima, una persona anziana incapace di difendersi, all’improvviso e alle spalle». Lo ha fatto «con un martello di oltre mezzo chilo, un oggetto pericoloso usato per ammazzare, non certo per intimidire». Il rapporto della Scientifica parla di sedici colpi al cranio, «ma potrebbero essere stati di più».

La nonna «era diventata più severa» - La vittima era «una nonna strafelice di accogliere in casa l’amatissimo nipote, una nonna che aveva premura per lui più che per se stessa». Un atteggiamento che era però cambiato nel momento in cui il giovane si era avvicinato alla droga: aveva cominciato a respingere le sue richieste di soldi. «Per la sua tossicodipendenza, per il ritardo mentale e per la mancanza di risorse educative, l’imputato non era in grado di comprendere l’atteggiamento della nonna, lo vedeva unicamente nell’ottica del tradimento».

Il sentimento di vendetta - L’accusa ha quindi sottolineato che il ventiquattrenne ha agito con movente «egoistico»: la vendetta per i litigi passati e per non aver ricevuto il denaro per la cocaina. «In lui è nata la consapevolezza di non riuscire più a ottenere dalla nonna quello che voleva, e ha maturato un sentimento di vendetta che non è riuscito a trattenere». Aveva capito che «la sua vita sbandata sarebbe finita, perché il padre e la zia sarebbero venuti a sapere del consumo di droga, con il suo conseguente allontanamento dal Ticino».

Voleva fuggire - Se poche ore dopo i fatti la polizia non avesse bussato alla porta del giovane, l’imputato sarebbe fuggito in Spagna. La tragedia «è infatti avvenuta proprio il giorno precedente il versamento sul suo conto della rendita di invalidità, soldi che intendeva usare per volare a Ibiza».

A breve la parola passerà al difensore, l'avvocato Daniel Ponti.

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