I responsabili di IPUS, a processo alle Criminali, negano di aver ingannato gli studenti: «Siamo stati chiari sin dall’inizio»
LUGANO - Gli studenti che si erano iscritti alla IPUS di Chiasso erano convinti che l’istituto avrebbe permesso loro di ottenere una laurea svizzera e una europea. Da qui l’accusa di ripetuta truffa nei confronti dei responsabili della ex struttura, il sessantenne e la quarantottenne che oggi si trovano davanti alla Corte delle Criminali presieduta dal giudice Marco Villa per rispondere di tutta una serie di reati relativi alla vicenda dell’università fantasma di Chiasso.
L’istituto si presentava come un’università, pur non avendo ottenuto l’accreditamento secondo la legge cantonale. Faceva credere agli studenti di aver avviato collaborazioni con altri atenei europei (in particolare con una struttura slovena, in cui avrebbero dovuto essere immatricolati gli iscritti IPUS). E soprattutto prometteva una laurea, con validità anche in Svizzera. Ed è soprattutto quest’ultimo l’aspetto che interessava agli iscritti, come emerso dagli interrogatori agli atti.
«Sin dall’inizio eravamo stati chiari, non abbiamo mai detto che avremmo rilasciato un titolo: nessuno potrà mai dire di essere stato ingannato» sostiene però l’imputato sessantenne, sottolineando che «avevamo sempre agito con la massima sincerità».
E per quanto riguarda l’esistenza di un accordo con un ateneo in Slovenia, risulta che non tutti gli studenti erano immatricolati nella struttura. In particolare non lo erano quelli del primo anno. «I ragazzi lo sapevano, era quanto previsto dall’accordo» afferma l’imputato. Eppure sembra che fossero in possesso di un libretto di tirocinio e documenti falsificati, riportanti il logo dell’università slovena. «Un libretto che è stato fatto sul modello di quello che ci è stato inviato dall’ateneo» assicura il sessantenne.
Il rapporto con l’istituto universitario sloveno sarebbe comunque saltato. E la situazione si sarebbe dovuta risolvere, secondo quanto emerso dall’inchiesta, con un piano B: un accordo con un ateneo albanese. Un accordo concluso che sarebbe però poi stato negato dall’ateneo stesso, lo sostengono gli imputati.
Il processo si riaprirà domani mercoledì 31 ottobre alle 9.30 con gli interventi delle parti. Nel frattempo la procuratrice pubblica ha anticipato che, oltre alla condanna degli imputati, chiederà la loro espulsione dal paese.